Solo oggi sarà allestita la camera ardente di Pelé nello stadio del Santos che lo ha visto diventare O Rei, anche se la squadra ha deciso di non ritirare la sua maglia numero 10 in suo onore. Il presidente della squadra ha spiegato la sua decisione con un'intervista di Pelé del 2017, in cui l'ex fuoriclasse rispose con un secco "No" alla domanda se fosse favorevole all'idea che nessuno al Santos portasse più il suo numero. Domani le spoglie di Pelé saranno sepolte nel cimitero più alto del mondo, con vista sul prato verde di Vila Belmiro. Una scelta dello stesso Pelé che, però, non sarà tumulato in una bara di oro, come scritto da alcuni, pur sapendo che era una fake news. Il ritardo di tre giorni del funerale è stato causato dall'insediamento del nuovo presidente del Brasile, il sinistrorso Lula, tenutosi ieri a Brasilia ma dove anche O Rei è stato presente. Prima della cerimonia ufficiale, infatti, in Parlamento gli è stato dedicato un minuto di silenzio.
Pelé oggi unisce il suo Brasile, mai così diviso politicamente in due tra lulisti e bolsonaristi. Un paese che oggi si radunerà di nuovo attorno al suo più grande campione sportivo, un esempio da seguire, nello stadio di Vila Belmiro, nella sua Santos, per salutarlo per l'ultima volta. Sarà una giornata di lacrime di fronte alla camera ardente, perché O Rei è sempre stato un modello per tutti i brasiliani, razionale e brillante nel parlare, senza problemi di alcolismo né di droghe, mai sopra le righe.
Anche in politica Pelé ha sempre cercato di educare i brasiliani a votare in modo responsabile i suoi rappresentanti, un messaggio oggi mai così attuale non solo qui ma nel mondo intero. «Il mio popolo non è ancora in grado di votare per mancanza di pratica, mancanza di istruzione e anche perché non vota, in generale, per candidati di valore» aveva detto nel 1977, attirandosi le critiche di alcuni, essendo il Brasile all'epoca ancora una dittatura. Nel 1995, quando era Ministro dello Sport nel governo del socialdemocratico Fernando Henrique Cardoso, Pelé spiegò a Jô Soares, il Maurizio Costanzo brasiliano dell'epoca, che con quella frase intendeva dire che «il brasiliano, se vuole rivendicare i suoi diritti, deve votare bene, non Cacareco». Un riferimento al nome della femmina di rinoceronte dello zoo di San Paolo che nelle elezioni del 1959 ottenne 100.000 preferenze e fu il consigliere più votato anche se poi, ovviamente, non si insediò.
Abbracciato a Lula durante i Mondiali brasiliani del 2014 ma solo perché di quell'evento O Rei fu il massimo testimonial, Pelé firmò anche una maglia del Santos per Bolsonaro, tre anni fa, in piena pandemia.
L'ormai ex presidente voleva incontrarlo e la foto con la maglia autografata da O Rei fu un modo educato per dribblare qualsiasi strumentalizzazione politica da parte di Bolsonaro. Ma anche da parte della sinistra che non ha mai potuto annoverarlo tra i suoi supporter, come Maradona. Anche per questo, anche dalla camera ardente, Pelé è oggi il simbolo migliore per riunire il Brasile.
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