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Pelè sta meglio: nessuna infezione sistemica

'O Rei ricoverato da lunedì scorso per un'infezione alle vie urinarie, ma reagisce bene alle terapie

Pelè sta meglio: nessuna infezione sistemica

Dopo ore di angoscia, che hanno lasciato in apprensione il mondo del calcio, arrivano buone notizie sulle condizioni di salute di Pelè: l’ex fuoriclasse brasiliano - riferiscono i medici nell’ultimo bollettino - sta ora rispondendo bene al trattamento antibiotico presso l’ospedale Einstein di San Paolo, dove ieri sera è stato trasferito in terapia intensiva e sottoposto a dialisi.

'O Rei "è lucido, respira spontaneamente e si alimenta normalmente per via orale", precisa la nota dell’Albert Einstein. Secondo il nosocomio, inoltre, dagli esami realizzati "non è stata identificata nessuna infezione sistemica". Che la giornata fosse cominciata all’insegna dell’ottimismo lo aveva fatto capire, in mattinata, proprio il 74enne ex calciatore: ricoverato da lunedì scorso per una infezione delle vie urinarie a seguito di un intervento per la rimozione di calcoli del rene, dell’uretra e della vescica, Pelè si è svegliato di ottimo umore e ha anche scherzato con lo staff della clinica israelita.

Più seria, invece, la figlia, Flavia Christina Kurtz Vieira de Carvalho, che ha puntato il dito contro la stampa: "Mio padre sta benissimo, siete voi che lo state uccidendo", si è sfogata commentando quanto uscito finora sui giornali, "La mia impressione è che sta reagendo bene, non è in crisi, non è grave, non ha una sepsi. Si sta solo recuperando, nient’altro".

Anche gli ultimi bollettini, in effetti, sostenevano che non avesse bisogno di "altre terapie di sostegno". Ulteriori dettagli sul suo stato non sono però stati forniti, dando così adito a illazioni di vario genere. L’agenzia Estado e il sito Globo Esporte, per esempio, hanno ricordato che l’atleta del secolo secondo la Fifa ha un solo rene: il destro gli venne infatti asportato nel 1977 quando giocava a New York nei Cosmos.

All’epoca si scoprì che aveva un tumore, ma lui volle evitare che si sapesse anche in patria. Questo, ipotizzano alcuni specialisti, potrebbe spiegare il suo recupero più lento del normale.

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