Petrucci bacchetta il calcio: «Nuovi stadi? Ho visto solo plastici»

Petrucci bacchetta il calcio: «Nuovi stadi? Ho visto solo plastici»

Come può sostenersi un’azienda, anche se anomala come quella calcistica, quando continua a registrare perdite per centinaia di milioni e non fa nulla per cambiare direzione? Per un vignettista sarebbe perfino banale disegnare lo scenario, presentato ieri a Roma, con un pallone che rotola all’infinito. Il report è tanto più drammatico perché porta le firme illustri di Pricewaterhouse (società di revisione di bilancio presente in 158 paesi del mondo), Arel (agenzia di ricerche e legislazione) e Centro Sudi Figc. In escalation solo i numeri in rosso. Il calcio ha accusato nella stagione 2010-11 una perdita netta di 428 milioni con un incremento del 23,2% rispetto a quella precedente, portando l’indebitamento totale a 2,6 miliardi che equivale a un aumento del 14% su base annua. Era a 2,3 miliardi dodici mesi prima. Formidabile l’incidenza dei debiti finanziari, passati dal 27 al 35 per cento. In negativo i conti di tutte le Leghe. E non potrebbe essere altrimenti visto che solo 19 club su 107 hanno riportato utili, vale a dire il 18%.
Ma le brutte notizie non si fermano qui. Il valore della produzione del calcio professionistico è sceso a 2,5 miliardi (-1,2%) perché la Serie A ha generato meno ricavi (da 84 a 82%) in confronto alla stagione passata. In rialzo la Serie B (da 11 a 14%), praticamente stazionaria la Lega Pro, fra il 4 e il 5%. Di contro il costo della produzione è aumentato (+1,5%), ma con un tangibile rallentamento se confrontato con i valori del 2008-09 e 2009-10 (rispettivamente +6,4% e 6,8%). Pessimi anche i rilievi sul patrimonio netto che nel 2009-10 era pari a 407 milioni e che nel 2010-11 è precipitato a 205 milioni di fronte alla perdita di 428 milioni. Sul fronte erariale il calcio italiano ha portato nelle casse dello Stato poco più di un miliardo di euro: 875 milioni derivano dai contributi fiscali e previdenziali delle società, 155 dalle imposte delle scommesse. In crescita solo il valore patrimoniale della Serie A (+1,7%) e quello delle prestazioni dei calciatori (+18,3%) «a testimonianza – si legge nel Report Calcio 2012 – d’una consistente ripresa di operazioni di compravendita».
E’ calato ulteriormente del 4% il numero dei tifosi allo stadio che s’è assestato a 13,3 milioni: colpa dei network che trasmettono tutte le partite ma che al contempo finanziano il grande calcio per due terzi e degli stadi obsoleti e fatiscenti dove la ricerca d’una toilette non è mai facile. Ne deriva che il riempimento degli impianti è sceso al 56% (nella Premier League inglese è oltre il 90%) e che la cosiddetta biglietteria incide in misura marginale (10% all’incirca) sul fatturato dei club. In sintesi crescono i debiti, aumentano le perdite, cala il valore della produzione.
Spietata l’analisi del ministro dello Sport e Turismo, Piero Gnudi, che ha parlato di un sistema al collasso: «Io faccio il ragioniere e leggo bilanci molto preoccupanti. In altri ambiti, con quei numeri si parlerebbe di società prossime al fallimento. La crisi è ancora lunga e sarà difficile trovare dei mecenati che investano nel calcio. Si rischia di non avere società in grado di iscriversi ai campionati», la sua opinione. Duro anche il commento di Gianni Petrucci, presidente del Coni, che ha invitato i presidenti a non piangersi addosso sulla questione degli impianti: «Ad eccezione dello Juventus Stadium, finora ho visto solo plastici straordinari. Se ci si potesse giocare, sarebbe meglio che al Camp Nou. Mi auguro che ci sia presto un passo avanti, anche perché non capisco cosa ci sia di così impossibile nell’approvazione della legge. Ma anche se si cominciasse oggi, non cambierebbe nulla per i prossimi 4-5 anni».

Ancora più amaro il commento di Giancarlo Abete, presidente della Figc: «Se restiamo così, non giocheremmo neanche la partita per ospitare gli Europei del 2020». A latere gli onorevoli Lolli e Barbaro, firmatari della legge sugli impianti, hanno confermato che l’iter di approvazione s’è nuovamente bloccato. Perché gli stadi sono un cosa e i palazzinari un’altra.

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