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Petrucci lascia dopo 14 anni Ma col Coni ha fatto canestro

"Il Comitato ha permesso al Paese di fare bella figura. Ne vado fiero Tanti i momenti difficili. Penso al doping. E ora torno al mio basket"

Petrucci lascia dopo 14 anni Ma col Coni ha fatto canestro

Roma - Stenta a trattenere la commozione quando i membri della Giunta Coni gli regalano un orologio («pagato da loro ed è meglio sottolinearlo di questi tempi...») nel suo ultimo giorno da presidente. In realtà le sue dimissioni arriveranno lunedì dopo che nel weekend sarà eletto alla guida della Federbasket. Gianni Petrucci lascia il governo dello sport italiano dopo 14 anni. «Straordinari anche se non facili, il Coni ha fatto fare una bella figura al Paese e ne vado fiero, anche se ci sono state pagine tristi come il doping», così l'ormai ex presidente che ora tornerà al vecchio amore della palla a spicchi.

Niente politica, tranne l'impegno da sindaco a San Felice Circeo. Gli era stato chiesto di candidarsi alla Regione Lazio, il suo amico Casini voleva che scendesse in campo. «Sono un uomo di sport e resto nello sport, il basket ha un grande futuro e voglio riportarlo in alto - sottolinea Petrucci -. Elogio la Idem e la Vezzali che metteranno a disposizione del paese la loro esperienza. Ma non è accettabile che in nessun programma elettorale, da destra a sinistra, compaia la parola sport. È giusto che i politici ci bacchettino ma poi facciano le leggi, ce n'erano due da approvare che non costavano nulla, una era quella sull'impiantistica... Noi la nostra parte l'abbiamo sempre fatta, abbiamo riformato le province secondo un impegno che avevamo preso. Lo sport italiano è rispettato in tutto il mondo e non solo per le medaglie olimpiche. Certo, ci sono tante cose da fare, a cominciare dalla riforma della giustizia sportiva. E l'antidoping non è una battaglia persa».

Petrucci spedisce una frecciata ad Andrea Agnelli che aveva giudicato «fallimentare» il tavolo della pace voluto per chiudere con Calciopoli. «Per me non è stato un flop, sono rimasto amareggiato per le sue parole, al presidente della Juve l'ho detto direttamente telefonandogli subito dopo la sua intervista».

Se non un flop, forse è stata una delle iniziative più infelici dell'era Petrucci. Che riavvolgendo mentalmente il nastro dei suoi 4 mandati, regala qualche istantenea. «Ripenso al Mondiale di calcio del 2006 e a quel rigore di Totti che decise Italia-Australia: corsi subito in campo ad abbracciarlo nonostante fosse tutto sudato. Ma ci sono stati anche momenti difficili, come quando perdemmo il Totocalcio o quando nacque la Coni Servizi (di cui sarà presidente fino al 2014, ndr) alla quale ero contrario, dovendo poi ammettere che si trattò di una felice intuizione. O ancora quando non c'erano più soldi: con Pagnozzi la sera spegnevamo la luce non sapendo se saremmo stati in grado di riaccenderla il giorno dopo. Abbiamo scelto una strada difficile, poi con fortuna e capacità, grazie anche ai governi che ci hanno sempre aiutato, siamo tornati a sorridere».

Fra 40 giorni si vota per il successore: in corsa lo stesso Pagnozzi, Malagò e Gambino. Petrucci sta ovviamente con il primo con il quale ha lavorato per anni («è un colosso dello sport, un segretario generale straordinario, mi ha permesso di ottenere molti risultati»), ha rispetto e stima per il secondo, che definisce ottimo manager ma poco adatto a gestire una macchina così complessa e delicata.

La corsa è aperta.

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