È questione di giorni, al massimo di poche settimane: poi, superata al pausa festiva, la Procura della Repubblica di Milano si prepara a iscrivere nel registro degli indagati i vertici dell'Inter, ovvero gli amministratori che hanno firmato i bilanci depositati relativi agli anni 2018, 2019 e 2020. Sono i bilanci che, secondo l'inchiesta venuta alla luce martedì scorso, erano stati truccati con l'inserimento di plusvalenze mai realizzate nelle compravendite di dieci giocatori di seconda fascia, avvenute prevalentemente col Genoa.
La scelta di procedere per ora formalmente a «carico di ignoti» non significa, purtroppo per l'Inter, che i pm milanesi non considerino corposi gli indizi a carico del management nerazzurro: anzi, la cautela nell'iscrizione dei nomi nasce dal sospetto che oltre agli amministratori delegati Giuseppe Marotta e Alessandro Antonello anche una serie di altri dirigenti apicali fossero al corrente del sistema - identico a quello già scoperto in casa Juventus - di ipervalutare i giocatori soprattutto nelle operazioni di scambio, consentendo a entrambi i club di inserire e spalmare sui bilanci arricchimenti in realtà mai avvenuti. «C'è la massima collaborazione. L'Inter ha agito in modo corretto, siamo sereni», ha detto ieri Marotta. Si tratta di un meccanismo che, nelle ipotesi investigative, non poteva venire messo in atto senza la complicità di una fetta importante della dirigenza, che altrimenti non avrebbe potuto spiegarsi l'andirivieni di giocatori destinati a non vedere mai il campo.
Per questo martedì la Guardia di finanza ha acquisito nella sede dell'Inter non solo bilanci e contratti di compravendita ma anche i messaggi scambiati sulle caselle di posta aziendale tra i responsabili dei diversi settori in occasione dei passaggi di proprietà. Ora il materiale è sotto analisi da parte delle «fiamme gialle», e al termine dello screening si deciderà chi inquisire. Non è escluso anche che ci si affidi ad un esperto per l'analisi dei rendiconti finanziari del club. Sapendo che comunque l'indagine si muove su un terreno reso scivoloso dalla impossibilità di stabilire in modo oggettivo il valore di mercato di un calciatore.
Alcuni passaggi, però, secondo gli inquirenti sono talmente inspiegabili
da rendere evidente che nascondono operazioni illecite: come gli accordi di «recompra», una sorta di lease back che impegnava la società cedente e a ricomprare il giocatore l'anno successivo. E ogni volta il valore saliva.
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