Chiamo o non chiamo? Chiamo io o chiami tu? Nemmeno gli innamorati finiscono così. E adesso fra Prandelli e la Juve c'è freddezza. Poi, con Conte, si arriva agli stracci da primedonne. «Sono io che aspettavo una chiamata», dice il ct non certo riferendosi ad una proposta di lavoro ormai sfumata, piuttosto all'ultimo mal di pancia dialettico con l'allenatore juventino al quale, di recente, scappa sempre la parolina. Una volta contro Capello, con gaffe che ha chiamato il buffetto di Agnelli. Domenica sera contro il ct che ha convocato Chiellini. «È stato maleducato e sgarbato», ha allungato Conte in stile manrovescio. «Agli allenatori ho sempre chiarito che ho il diritto di chiamare un giocatore convocato o che vada in panchina. Alle 23.22 il medico della Juve ha mandato un messaggio al nostro dicendo che tutti i giocatori stavano bene e che Giorgio aveva fatto riscaldamento», ha risposto garbato e senza porgere l'altra guancia il ct. Avallato dall'interessato: «Sono qui solo per recuperare».
È un Prandelli contro tutto e contro tutti questo che ieri è partito per Madrid in vista dell'ultima grande amichevole premondiale, a cento giorni dall'inizio del campionato in Brasile. Annuncia con impettita consapevolezza: «Sono attaccato da tutti e questo mi piace. Vuol dire che la federazione si fa rispettare». Vuol forse intendere che prima non ci riusciva? Non proprio un apprezzamento. Ma, poiché l'indole non si può cambiare, riaffiora sempre lo spirito vecchia diccì in armatura da cavaliere errante. Ancora Juve: «Sono io che mi aspettavo una chiamata da Marotta...», ha concluso prima di fare i complimenti a Conte per la panchina d'oro. «Lo avrei votato perché sta dimostrando di avere capacità straordinarie nel rimotivare i giocatori e stimolare tutti». Forse anche lui. Si è visto subito che, con sospettabile impulso, ieri Prandelli voleva parlare e puntualizzare. Ha parlato di omofobia, mostrando i lacci della protesta che indosserà lui (li portava già ieri) e chi vorrà fra i calciatori della nazionale. Abbandonato il caso Conte, eccolo sul codice etico applicato a De Rossi, l'unico insieme a Balotelli ed Osvaldo ad averne fatto le spese: «Ho convocato De Rossi anche quando non giocava nella Roma ma non voglio gesti sconsiderati e non voglio correre rischi ai Mondiali. In novembre ho fatto una riunione con i giocatori per chiarire: abbiamo stabilito che, soprattutto per la partita della domenica prima della convocazione, sono io il giudice e chi non è in linea col codice sta fuori. Lo faccio perché non voglio arrivare al Mondiale e trovarmi a giocare in dieci». Idea sottoscritta da Buffon: «Sono d'accordo per il caso De Rossi». Come dire che questo è l'ultimo avviso. Il 13 maggio il ct dovrà consegnare la lista dei 30 candidati fra cui pescare per il mondiale. Non saranno ammessi errori disciplinari. Qualcuno ha già un piede fuori per altre ragioni: magari Diamanti liquidato con un «Ha fatto una scelta di vita con tutti i rischi». Forse Giaccherini: «Sta cambiando tanti ruoli e rende meno». Il ct ha fatto intendere che la nazionale non rischia (ma era un rischio?) di dover cambiare faccia in panchina. L'accordo è vicino. «Sul rinnovo qualcosa è cambiato. Non faccio diktat ma c'è progetto tecnico. Ne parleremo a metà marzo». Il progetto non chiede maggior potere, propone invece un'idea per il nostro pallone. «Per salvare il nostro calcio che sta andando verso un futuro non roseo e che tutti dovranno condividere». Fa notare, con realismo critico il nostro ct, che la Juve è esemplare nel rinnovamento ma le altre squadre? Riempiamo il campionato di stranieri, li facciamo diventare importanti, eppure all'estero finiscono in panchina. Dunque? «Quattro giocatori straordinari sono stati venduti all'estero, ma non giocano titolari.
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