Milanello - È vero: il Milan ha collezionato gli stessi punti della Juve, 52, nelle ultime 24 partite. Che sono una rendita stratosferica. Ma la parziale contabilità di Galliani non può trascurare le 15 lunghezze di distacco reali dal leader della classifica che gonfiano il petto di Conte. «È la squadra più forte del campionato, merita il primato, non so se Conte è permaloso, si goda il secondo scudetto consecutivo, io ho un carattere diverso» taglia corto Allegri che non ha certo voglia di abbandonare proprio ora il campo di battaglia, ma neppure di seminare la vigilia di Juve-Milan di altri veleni.
È vero: questa forse è l'ultima occasione per restare nella scia del Napoli e tenere a distanza di sicurezza la Fiorentina ma c'è un'altra contabilità che continua a lampeggiare e a lasciare un segno negativo, è la classifica avulsa con le prime sette del campionato. Il Milan è ultimo, dietro tutta la concorrenza per via dei rari successi negli scontri diretti (solo contro la Juve all'andata e contro la Lazio al ritorno). E allora ecco a cosa serve alla fine questa sfida con il rivale di un anno prima («non ho ancora digerito la perdita dello scudetto» la confessione amara e sincera): serve a capire quanta distanza ci sia ancora con la prima della classe al netto della falsa partenza.
«Basteranno pochi ritocchi per tornare a vincere» è la convinzione di Allegri per niente preoccupato dal rallentamento recente, 5 punti in tre partite tra Chievo, Fiorentina e Napoli, quasi fisiologico dopo una rimonta così lunga e suggestiva.
E non c'è bisogno di reclutare grandi firme, tra l'altro impossibili con l'attuale corso finanziario del club. «Chi non vorrebbe Ibra in squadra, solo che ha uno stipendio incompatibile, dovrebbe farsi un bel taglione e comunque nel Milan c'è uno, Balotelli, che può diventare forte come Ibra», la fiducia pubblica e impegnativa del livornese sul talento più discusso e chiacchierato di Milanello. Che nel frattempo, tanto per dimostrare d'avere la testa sulle spalle, ha rinunciato al famoso viaggio a New York per restare a Milano, allenarsi con gli altri e prepararsi al ritorno col Catania che non è una passeggiata di salute.
Il viaggio a Torino, dove spesso si sono infranti i sogni di gloria del Milan di Allegri, specie in coppa Italia, serve perciò a delineare con maggiore precisione i contorni dell'obiettivo: più terzo posto che secondo, verrebbe da dire interrogando il calendario.
Perciò non fanno molto effetto né le rivelazioni di Pirlo a proposito del divorzio dal Milan («Non ho rimpianti, la verità è che lui ha scelto dopo il colloquio con la società» la versione di Allegri per marcare la motivazione economica rispetto a quella tecnica) né le ultime scorie sul caso El Shaarawy sul quale il tecnico non è disposto a fare marcia indietro. «Non ho avuto coraggio né sono stato temerario, semmai ho letto ricostruzioni azzardate fatte sul conto di un'assenza annunciata, pensavo di averlo fatto capire in conferenza. Ho fatto quella scelta e la rifarei anche se non cambia il mio giudizio sul valore del ragazzo sostituito da Robinho che, fino a dicembre, scorso è stato uno dei protagonisti del Milan» la replica del livornese alle censure aspre, in qualche caso proprio immeritate relative alla decisione di tenere in panchina il prodigio con la cresta, avvenuta non per un pregiudizio ma sulla base di un riscontro oggettivo.
A Torino El Shaarawy può tornare al suo posto, magari animato da una sana voglia di rivincita e perciò mettere fine al digiuno (di gol) del 2013 che è l'unico elemento in controtendenza rispetto al rendimento
collettivo dei rossoneri.Robinho, considerato l'unico elemento di qualità, può restare a dare una mano grazie all'arretramento di Boateng mezz'ala. Come si capisce al volo il Milan e Allegri hanno deciso di non fermarsi.
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