Il Qatar ha Fifa e adesso arresta i giornalisti

Due norvegesi fermati dopo un'inchiesta sulle condizioni di lavoro degli operai

Il Qatar ha Fifa e adesso arresta i giornalisti

Aiuole di erbetta curata e alta non più di un centimetro, marciapiedi puliti ai piedi di hotel dai vetri oscurati. Gusci vuoti ma accattivanti, così diversi dalla raucedine di quei vecchi bus carichi di operai che fanno la spola dalle periferie ai quartieri patinati. Scaricando lavoratori stranieri - a cui spesso vengono trattenuti i documenti - chiamati ad arrampicarsi su impalcature di bambù ad altezze vertiginose. È quel che a un primo impatto anche Halvor Ekeland e Lokman Ghorbani, giornalisti della tv di stato norvegese, hanno toccato con mano a Doha. Capitale di un Paese che a 12 mesi dal Mondiale cerca di spedire solo cartoline su carta lucida a tutto il pianeta. Ma l'inchiesta sulle condizioni di lavoro degli operai stranieri ingaggiati per realizzare gli impianti, qualche prurito deve averlo procurato alle autorità locali, visto che poco prima del rientro in patria i due giornalisti sono stati trattenuti per 32 ore dalle forze di sicurezza. E interrogati nella stazione di polizia della capitale.

Il 14 novembre la troupe era giunta in Qatar, nella serata di domenica 21 l'arresto per «violazione di domicilio e per aver effettuato riprese senza permesso», ha dichiarato un portavoce del governo qatariota. Solo al martedì è avvenuto il rilascio: «Siamo felici di essere tornati in Europa, abbiamo passato un momento difficile», sono poi state le prime parole di Ekeland. A cui si sono aggiunte quelle del direttore dell'emittente televisiva Nrk, che dei motivi dell'arresto non era stato informato: «È inaccettabile che ai media venga impedito di fare il proprio lavoro in modo libero e indipendente. Ne discuteremo anche con la Fifa». Già nelle settimane precedenti il Comitato organizzatore del Mondiale aveva inviato una lettera di diffida a una rivista norvegese, per un'inchiesta sulle difficili condizioni di lavoro degli operai. Nel reportage dei giornalisti di Nrk sarebbe dovuta entrare anche la testimonianza di Abdullah Ibhais, ex direttore della comunicazione per l'organizzazione del Mondiale, condannato a 5 anni per vicende sulla mancata sicurezza nei cantieri. Una situazione, stando alle stime del quotidiano inglese The Guardian, che avrebbe già fatto lievitare a 6.500 le vittime dal 2010 ad oggi.

A biasimare quanto accaduto ai due reporter è stato anche il primo ministro norvegese,

Jonas Gahr Store: «Quel che è successo è inaccettabile». Con la successiva convocazione dell'ambasciatore del Qatar ad Oslo è divenuto chiaro che, ormai, la vera partita di questi Mondiali si è già spostata fuori dal campo.

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