Questo Napoli è da scudetto. Adl non ancora

Questo Napoli è da scudetto. Adl non ancora

Suvvia possiamo dirlo: Dino Adino Viola aveva quel tocco in più. Le battute erano originali e corrosive. Dino Viola era il presidente della Roma che battagliava con la Signora anche a suon di centimetri. Aurelio de Laurentiis poteva essere l'uomo del destino per riproporre il film, ma con un certo modernismo: con trovate non proprio banali. Invece sembra di sentir parlare il suo allenatore: mister Alibi. Nell'ultima intervista, godibile perché quando parla De Laurentiis il gusto del racconto è garantito, ha rifilato le solite menate sul potere della Juve, sul Var (che stranamente negli ultimi tempi ha avvantaggiato il Napoli, però non lo dice) e sugli arbitri, sul fatturato, sui giochi oscuri delle alleanze europee come se Juve e Bayern fossero Macron e Merkel. Una sacra alleanza per affannarsi intorno a Younes? Il Bayern potrebbe querelare. Verdi rifiuta e chi lo spiega? Politano non arriva e Marotta ci cova. Magari spendere al momento opportuno, non provarci nell'ultima ora di mercato, e convincere che si può arrivare a Napoli pur con Sarri in panchina non sarebbe meglio?

Se non è alibi, non è Napoli: Mazzarri era un mago, Sarri un fuoriclasse. Non sarà il presidente che ha iniettato il virus o viceversa? La risposta non sposta i termini del problema: il Napoli non merita tanto affannarsi attorno agli alibi. La squadra si è già conquistata lo scudetto del buon gioco, che però non vale quanto quello che si cuce sulle maglie. Da un po' di anni invariabilmente su quelle della Juve.

De Laurentiis, semmai, sta lottando spalla a spalla per lo scudetto del miglior affarista, sia per il modo in cui ha risollevato i conti del club, sia per gli affari economici in sede di calcio mercato che avranno giovato a tutta la sua industria. Ecco, mettiamola così: il presidente è bravo a fare cinema, ma nel calcio c'è cinema e cinema. E se il suo allenatore, venuto dalla provincia calcistica, può cadere in qualche (ora un po' troppi) provincialismo, al numero uno di una squadra di valore non è concesso imitarlo. D'accordo sul piacere del protagonismo, ma poi giochi alla grande come la squadra. Molti penseranno, magari con buon occhio, che questo j'accuse sia per evitare favoritismi alla Signora, costringere agli occhi aperti.

C'è il caso che le porte in faccia ricevute dal mercato abbiano scosso l'ambiente e il presidente voglia salvaguardarsi. Vale tutto. Ma la storia dice che Ferlaino era un presidente da scudetto, De Laurentiis sarebbe ora che lo dimostri.

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