Nel lontano 1934 l'Africa assaporava per la prima volta con l'Egitto delizie e dolori di un torneo iridato. A 84 anni di distanza, il continente che veniva definito il nuovo che avanza nel calcio, alimentato dalle gesta del Camerun a Vigo contro gli azzurri nel 1982, è rimasto al palo, ostaggio di una sorta di vorrei ma non posso. In realtà madre Africa ha sfornato a getto continuo fior di campioni (da Weah a Milla passando per Eto'o e Drogba, fino ad arrivare a Salah) senza però raccogliere lo straccio di un risultato. Se si escludono gli estemporanei acuti a cinque cerchi di Nigeria (ad Atlanta) e Camerun (a Sydney), al netto rimangono una sfilza di occasioni gettate ai rovi e di cocenti delusioni, spesso maturate all'ombra di un dilettantismo imbarazzante delle federazioni.
Il mondiale in corso sembra lo scorrere di una pellicola proiettata più volte. Due squadre, Egitto e Marocco, sono già state eliminate, Nigeria e Tunisia sono sul baratro e il solo Senegal, almeno al momento, sembra avere quel minimo di credenziali per proseguire la marcia verso gli ottavi di finale. In giorni di esami di maturità la peggior stroncatura va assegnata all'Egitto. Allenato da Cuper, e medaglia d'argento nell'ultima edizione della Coppa d'Africa, sembrava poter riprendere quel cammino bruscamente interrotto a Italia 90. È pur vero che Salah è arrivato in Russia con una spalla messa fuori uso da Sergio Ramos, ma gli altri interpreti sono apparsi modesti figuranti e nulla più, triturati da Uruguay e Russia come carta da macero. La Tunisia ha tenuto testa all'Inghilterra per qualche sprazzo di gara, dando però l'impressione di avere poca altra benzina nel serbatoio del talento.
Questa Coppa del Mondo ci ha anche mostrato la peggior Nigeria di sempre, senza vincoli di parentela con quella che fece tremare gli azzurri di Sacchi a Boston. Jay Jay Okocha, uno degli eroi di quel pomeriggio arroventato, non ha risparmiato critiche al ct (tedesco) Rohr. «Ha portato gente acerba come Uzoho, e non ha un giocatore che sia capace di saltare l'uomo». Quello di chiamare in rosa giovani carneadi è un navigato trucco di talune nazionali africane. Si sceglie per il mondiale un blocco di 16-18 elementi e lo si completa con ragazzini imposti dalle federazioni su indicazione dei loro procuratori. Se nasce una stella si divide la torta, viceversa il virgulto finirà nel dimenticatoio. Non crediate alle favole: gli allenatori delle selezioni africane non hanno voce in capitolo sui convocati, le ingerenze sono all'ordine del giorno. Chi non sta alle regole viene esonerato, per poi ritrovarsi nell'ufficio legale della Fifa a denunciare l'accaduto e aprire una vertenza per il mancato pagamento degli emolumenti.
Tornando in Russia, non sorprende l'eliminazione di un Marocco volenteroso, ma poco consistente.
L'unico raggio di sole arriva dal Senegal, cemento armato (garantito dai vari Koulibaly e Mbodj) al servizio del calcio. A Dakar si sogna a occhi aperti, almeno fino alla prossima ingenuità perpetrata in campo o interferenza partorita dalle tribune.
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