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Il ricordo di Maradona unisce l'Italia

Parlano Fabrizio Kuhne, figlio del giornalista della RAI Italo che raccontò le gesta del Pibe de oro, e Alessandro Franceschini che a Milano con la sua squadra juniores vide in esclusiva dal vivo Maradona calciare le sue famose punizioni

Il ricordo di Maradona unisce l'Italia

È il 17 maggio 1989. Al Neckarstadion di Stoccarda il Napoli ha appena vinto il terzo trofeo internazionale della sua storia, la Coppa Uefa (considerando anche una Coppa di Lega italo-inglese e una Coppa delle Alpi). Gli spalti si colorano di azzurro, fotografi e teleoperatori si avventano su Diego Armando Maradona: non ha messo la firma sulla finale, non è tra i marcatori. Ma non c’è dubbio che quella Coppa Uefa abbia impresso il suo marchio di fabbrica. Alle spalle del Pibe de oro, microfono in mano e cuffia in testa, c’è un giornalista conosciuto dal pubblico televisivo dei tifosi. Si tratta di Italo Kuhne, autore di servizi e interviste sui biancazzurri dallo stile inconfondibile per la RAI, specialmente per la Domenica Sportiva. È scomparso nel 2001, ma il figlio Fabrizio (che professionalmente ha seguito le orme del padre) accetta volentieri di ricordare quel periodo. “In quell’occasione sul campo di Stoccarda Maradona consegnò a mio padre il pallone della finale. E mio padre riuscì a portarlo via perché parlava il tedesco e questo gli consentì di superare il controllo degli steward e dei vari addetti al campo. Poi quel pallone di Stoccarda-Napoli finì nel cortile di casa, ci giocava mio nipote Luciano”.

Suo padre di origini tedesche, berlinesi, avvocato civilista, professionista della buona borghesia napoletana poi “rapito” dal giornalismo. Sempre misurato, sempre giacca e cravatta, sempre con la terza persona per rivolgersi agli intervistati. Dall’altra parte Diego Armando Maradona, argentino, geniale, insofferente verso le imposizioni. Come sono entrati in contatto due mondi così diversi?

“Mio padre non me lo ha mai detto, ma credo che si trattasse dei poli opposti che si attraggono. Erano in un certo senso complementari l’uno all’altro, forse proprio perché venivano da mondi diversi. Poi mio padre Italo era stato uno sportivo, aveva praticato a livello agonistico atletica, pallanuoto e sci. Questo gli consentiva di entrare in sintonia con la mentalità del Maradona atleta”.

Un feeling mai interrotto fino a che Maradona non abbandonò Napoli e l’Italia nell’aprile del 1991…

“Certamente! Diego sentiva che papà avesse capito la sua fame sportiva, dopo essersi riscattato da Villa Fiorito, la favela in cui era nato, voleva riscattare Napoli. Il Pibe de oro mantenne questo rapporto anche quando per un periodo rifiutava di parlare con i giornalisti, dopo che Cristiana Sinagra aveva annunciato di aspettare un figlio da lui (settembre 1986, ndr). Continuò a parlare con Italo Kuhne, che non gli fece mai nessuna domanda sulla sua vita privata”.

Italo Kuhne si rivolgeva con il “lei” a tutti gli intervistati. Mentre chiamava Maradona per nome. Perché?

“Non per un eccesso di confidenza, mio padre si rivolgeva al capitano a volte in terza persona, a volte con il ‘tu’. Dipendeva anche dal taglio dell’intervista. E comunque era un calcio di rapporti professionistici, ma soprattutto umani. E il Napoli aveva un nucleo di giocatori nati e cresciuti a Napoli che davano una dimensione territoriale alla squadra. Mio padre avvertì da subito anche Maradona come un napoletano acquisito”.

Qual era il gol di Dieguito preferito da Italo Kuhne?

“Papà rimase sorpreso da un gol di Maradona contro la Sampdoria, l’1 marzo 1987. Su un cross di Renica, il capitano colpì la palla di testa a pelo d’erba, a 10 centimetri dal fondo di gioco. Anticipò così il portiere blucerchiato e il Napoli riuscì a preggiare la partita. Dopo il fischio finale, papà chiese al campione argentino perché non fosse andato su quel pallone di sinistro. Diego gli sorrise e gli rispose: ‘Perché ero più vicino con la testa che con il piede’. Il Pibe televisivamente era perfetto, botta e risposta. Specialmente con il feeling che si era creato tra loro due”.

Cosa disse Italo Kuhne quando Diego lasciò Napoli e l’Italia nei primi giorni dell’aprile 1991?

“La notizia gliela diedi io in anteprima, ormai ero giornalista per la concorrenza da diversi anni. Disse che avevamo perso il più grande campione di sempre, e che lui aveva avuto la fortuna di raccontarne le gesta per il pubblico di sportivi. Nel posto giusto al momento giusto, così diceva”.

Italo Kuhne, voce del Napoli degli anni d’oro assieme a Luigi Necco. Volti della RAI noti al grande pubblico, due stili totalmente differenti per raccontare e imprimere nella storia un’unica epopea: quella di Diego Armando Maradona e del Grande Napoli. Ma, a dire di quanto Maradona abbia unito nelle emozioni persone diverse tra loro, c’è il ricordo di un giornalista milanese che si occupa di enologia e di vino, Alessandro Franceschini. Ma lei, milanese, che c’entra con Maradona?

“Ricordo quel giorno come fosse ieri. Sabato 12 aprile 1986. Ero un ragazzino, giocavo in una piccola squadra affiliata al Milan, la Vercellese 1926. Avevamo il campo da gioco nella periferia ovest di Milano. Sapemmo che quel sabato il Napoli di Maradona sarebbe venuto ad allenarsi proprio sul nostro campo”.

E cosa avete fatto?

“Con i miei compagni di squadra abbiamo marinato la scuola, perché da tesserati della società potevamo entrare e vedere l’allenamento. Infatti abbiamo riempito gli spalti, c’era anche qualche imbucato. Maradona si è accorto di noi ed è rimasto dopo l’allenamento in campo”.

E che ha fatto?

“Ci ha sorriso, ha messo un po’ di palloni a varia distanza dal limite dell’area grande e dice a Claudio Garella, l’estremo difensore del Napoli, di mettersi in porta”.

E poi?

“Ha tirato una punizione per ogni pallone che aveva sistemato, piazzandolo sempre all’incrocio dei pali. Garella lo ha mandato a quel paese, lui ha riso e poi si è girato verso gli spalti a guardarci. Eravamo pazzi di gioia, emozionati, senza parole! Lui ci ha salutato con la mano e ha lasciato il campo da gioco”.

La partita a San Siro il giorno dopo come finì?

“Vinse il Napoli 2 a 1. E Maradona segnò un gol incredibile, tirando praticamente da fermo da fuori area e infilzando il portiere rossonero Terraneo. Ma nessuno di noi ragazzini della Vercellese pensava al Milan.

Avevamo negli occhi le punizioni calciate in esclusiva per noi il giorno prima dal Pibe de oro…”.

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