Forse è solo una coincidenza, magari un caso sul quale ragionare, ma per due anni consecutivi la conclusione dei più importanti tornei europei per nazionali avrà la stessa finale: Italia-Spagna. Interessa a noi in quanto Italia, un po' bistrattata nel calcio di Champions e, visto che sappiamo essere buon gustai, non proprio esaltante in campionato. Quest'anno è stata Juve e non molto di più. Italia-Spagna significa pure che il ciclo spagnolo non va ad esaurimento e l'Italia under non tradisce la sua tradizione. I giovani spesso esaltano e magari vincono, poi quando passano di categoria rischiano il flop. Almeno una buona parte. Lo dicono la cronaca e la storia azzurra. E non è difficile pensarlo anche per questa squadra: se Verratti qui è un leader, al posto di Pirlo potrebbe essere ancora acerbo. Se Borini, Insigne (che ieri ha ricevuto i complimenti di Benitez via web), Gabbiadini, Destro qui sono forza trainante, nell'altra nazionale rischiano di diventare comprimari. Borini e Destro ne sanno qualcosa.
Va detto che, di solito, sono meglio i giocatori rispetto ai tecnici (storicamente solo Vicini e Maldini si sono elevati di rango) e che un ct, o allenatore, è già bravo quando non fa danni. Questa under ha qualità che scintilla, forse è una delle migliori presentate negli ultimi 30 anni, eppure in campo si è visto poco: gioco misero, dimenticanze del ct da cerchietto rosso (Gabbiadini in queste categorie fa la differenza), difesa tremolante contro Israele, qualche astruseria anche tattica, ma che ci volete fare: Devis Mangia è un discepolo di Arrigo Sacchi, scelto dall'ex ct, e sbaglia come sbagliava quell'altro quando dimenticava che contano più i bravi giocatori rispetto al modulo. Beppe Signori potrebbe fare lezione.
Adesso i soliti bontemponi diranno che Italia-Spagna sarà la rivincita della finale dell'anno passato. Accettabile solo come battuta: rimediare a quella figuraccia sarà dura. Nel tempo e negli anni. Prandelli se la porterà addosso come una croce, visti gli errori commessi. Molto meglio pensare che questa under possa conquistare la sesta vittoria su 7 finali giocate negli anni. Non sarà facile, perchè la Spagna ha buona scuola e noi soprattutto buona qualità, non sempre avviata sulla buona strada. Sembra perfino banale il grido d'allarme lanciato da Demetrio Albertini, che poi è vicepresidente federale: «I giovani dell'Under 21 giochino di più nei loro club, è sotto gli occhi di tutti che devono far fronte all'inesperienza». Vero che Albertini ha vinto un titolo under 21 giocando da titolare nel Milan (quell'anno 28 partite), ma altrettanto vero che è croce e cruccio storico di questa nazionale dover raccogliere frutti tra riserve, giocatori di serie B o delle giovanili.
Sembra assurdo ma la nazionale meglio dotata, gestita da Vicini negli anni ottanta, è l'unica a non aver conquistato il successo finale. Eppure giocavano Vialli e Mancini, Matteoli e Giannini, Donadoni, Zenga, Ferri, Francini e Cravero. Paolo Maldini, allora diciottenne, stava in panchina. Nell'odierno campionato quella formazione potrebbe perfino vincere lo scudetto. Guarda, guarda, si giocarono la finale (allora era andata e ritorno) contro la Spagna e finirono lessi ai calci di rigore. Eppure quella fu la nazionale colonna vertebrale della squadra di Italia '90. Invece le altre hanno lasciato molti giocatori per strada. Alcuni rimasti nella mediocrità o svaporati, altri sono stati grandi: Totti e Nesta, Inzaghi, Gattuso, Pirlo e lo stesso Albertini. Nella finale 1996 (stavolta Spagna battuta) la difesa era composta da Nesta, Cannavaro, Galante e Panucci: niente male. Superiore a quella attuale.
Se, invece, sfogliamo la nazionale 2004, intravediamo un declino: Sculli e Gilardino in attacco, Palombo a centrocampo, Bonera il migliore della difesa.
Se poi volete tremare un po', leggete l'ultima rassicurazione di Albertini: «C'è forte sinergia e collaborazione tra Prandelli e Mangia». Già, e speriamo che al calcio italiano non restino solo occhi per piangere.
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