Il ritorno della Williams con la forza del destino

La Azarenko la fa soffrire, ma l'americana dopo Wimbledon e Giochi vince gli Us Open Dimenticando infortuni e gravi malattie

«All'inizio della stagione non avrei mai immaginato di festeggiare il compleanno (il trentunesimo, fra 15 giorni, ndr) dopo aver vinto Wimbledon, Olimpiade e Us Open. Sono pazza di felicità e piena di emozioni». Così Serena Williams all'indomani del successo su Vika Azarenka per 6-2, 2-6, 7-5 in una finale prima dominata, poi quasi persa, infine riacciuffata con ferocia interiore. Il match s'è chiuso su un rovescio sbagliato dalla bielorussa, l'unica in grado di tenere testa alla Wonder Woman del tennis, che gioca come un uomo e, in giornata di grazia, lascia le briciole alla malcapitata di turno. Si chiami Sharapova o Errani. Ma Vika è fatta di altra pasta e, pur avendo perso 9 volte su 10 con Serena, è stata a due punti dal match sul 5-3 e ha mancato la palla del tie-break. E' ancora lei la numero uno del ranking che, vivendo di conteggi annuali, non dice spesso il vero. Ma la migliore è Serena. E nessuno può azzardarsi di raccontare il contrario.
Si è visto un match da cineteca, d'intensità straordinaria, fatto di scambi spettacolari e di colpi proibiti, al limite delle possibilità umane, in equilibrio fino all'ultimo secondo dopo il dominio iniziale dell'americana. Bisogna risalire al 1995 per ritrovare una finale in tre set conclusasi con il successo di Steffi Graf su Monica Seles. Al punto conclusivo Serena ha festeggiato il quindicesimo successo in uno slam, il quarantacinquesimo in totale, come se si trattasse del primo, saltando di gioia per tutto il campo davanti a una folla innamorata di lei, del suo gioco, perfino dei suoi passaggi a vuoto. In questa sfida, durata 2 ore e 18 minuti, la più lunga dopo quella vinta da Tracy Austin su Martina Navratilova nel 1981, si specchia la carriera dell'americana, fatta di trionfi bestiali e di drammi clamorosi, capace di vincere lo Us Open per la quarta volta a 13 anni di distanza dal primo. Era il 1999. E la minore delle sorelle Williams era una ragazzotta di neanche 18 anni.
Per Serena il tennis è tanto, ma non è tutto. Curiosa, brillante, coraggiosa, s'è scoperta imprenditrice nel campo della moda con una sua linea alla quale ha fatto da modella su Sports Illustrated. Non solo sport, insomma. E, nel 2006, complici anche i primi infortuni, è uscita addirittura dalle prime 100, salvo ritornare in pochi mesi a grandi livelli. Poi ha pagato un prezzo altissimo al destino con un incredibile incidente verificatosi la sera del 7 luglio 2010 su un marciapiede di Monaco, dove si fece male a entrambe le piante dei piedi calpestando al buio dei vetri che più taglienti e perfidi non potevano essere. Dal pronto soccorso uscì con 18 punti di sutura in totale, 12 da una parte, 6 dall'altra, e l'alluce ciondolante per via d'un tendine andato a ramengo. A rimetterla in piedi, in ogni senso, un intervento in una clinica di Los Angeles. «Questa esperienza mi renderà ancora più forte, tornerò come prima», disse ai suoi fan. Non sapeva che il destino l'avrebbe costretta a un ricovero d'urgenza per embolia polmonare, probabilmente causata dallo scarso movimento, con tanto di ematoma pleurico. Ancora un intervento, ancora uno stop, ancora una ripresa. «Sono viva, non ho avuto danni, mi rivedrete nella finale di uno slam». Accadde un anno fa, proprio agli Us Open, dove Samantha Stosur la superò con la più bella prova della sua carriera.


Il resto è storia di oggi con l'aggiunta di una distorsione al piede che la azzoppò a Brisbane e le impedì di far bene agli Australian Open e al Roland Garros. Da giugno è tornata l'Invincibile. Perché Serena fa rima con vita. «Ma quanto ho lottato per tornare forte come da ragazza, forse ancora più forte. Ditelo a chi inizia questo sport».

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