Se la Roma ambisce a passare il girone di Champions ci sono due partite che non può assolutamente sbagliare: quelle con il Qarabag. Fa bene Di Francesco a non sottovalutare l'avversario («abbiamo più qualità di loro ma sarà una sfida delicata»), ma contro gli azeri che a Londra ne hanno presi sei dal Chelsea, qualunque risultato diverso dalla vittoria sarebbe un fallimento. Per questo, anche se domenica c'è un Milan-Roma che dirà moltissimo sul tipo di campionato che faranno i giallorossi, a Baku non tira aria di turnover massiccio. Anzi, due degli insostituibili sono stati già precettati: «Dzeko e Kolarov partiranno dall'inizio», ha ufficializzato il tecnico, prima di spiegare, rispondendo alla domanda del giorno, che «tra Edin e Immobile preferisco il mio». E chi l'avrebbe mai detto?
Indovinare il resto della formazione non è semplice perché i ballottaggi sono almeno tre, quindi partiamo da quelle che dovrebbero essere le altre certezze: Alisson in porta, Manolas probabilmente in coppia con Juan Jesus, Nainggolan ed El Shaarawy perché Perotti, già sofferente per un taglio alla caviglia, ieri ha lasciato in anticipo l'allenamento di rifinitura per un problema al flessore della coscia destra. Per il resto Bruno Peres è favorito su Florenzi, Gonalons e Pellegrini insidiano De Rossi e Strootman, mentre Di Francesco rilancia la candidatura di Defrel: «Può rigiocare tranquillamente a destra nel tridente».
Nomi a parte, serve una vittoria per mettere una pezza al mezzo passo falso interno con l'Atletico Madrid ma soprattutto per rimpinguare uno score che in Champions negli ultimi anni è diventato imbarazzante: da quando gli americani hanno preso il timone della società la Roma ha internazionalizzato il suo brand ma nella competizione più globale di tutte ha vinto solo 2 partite su 17 e nessuna fuori casa, l'ultimo successo esterno risale al novembre del 2010. E la colpa non può essere certo scaricata su una serie A meno competitiva che in passato. «Non credo che si possa definire poco allenante - ha detto con onestà Di Francesco -, anche all'estero c'è un divario importante tra le prime e le altre. Dobbiamo migliorare il ritmo ma non è per questo che facciamo fatica in Europa». Zero alibi, insomma.
E non è un alibi nemmeno l'assenza del dirigente Totti, che ha preferito restare a Roma alla vigilia del suo quarantunesimo compleanno. O forse per allenarsi in vista del ritorno in campo, dopodomani a Tbilisi per festeggiare l'addio al calcio di Kaladze.
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