Rossi e l'amico Mancini "Italia forte, noi squadra. Che bravo Raspadori"

Il ct italiano dell'Ungheria su Jack: "Piccolo? L'altezza non conta. Ma niente sconti: vinco io"

Rossi e l'amico Mancini "Italia forte, noi squadra. Che bravo Raspadori"

L'Ungheria di Marco Rossi è a un passo dalla storia. «Ma è il passo più difficile, l'Italia è più forte di noi. Ci proveremo, ma non sarà semplice». Era più forte anche la Germania, sappiamo com'è andata a finire: senza il gol di Raspadori all'Inghilterra, l'Ungheria sarebbe già alla final four. «Meglio così, dai: se dobbiamo vincere il girone, sarà più bello farlo in casa, davanti ai nostri tifosi». A giugno a Cesena vinse Mancini, vecchio compagno alla Samp del ct ungherese. «Roby ha tanta esperienza, mi aspetto che anche contro di noi giochi con la difesa a 3, per mettersi a specchio. Ma lui ne sa molto più di me e così magari cambia». Nessuna invidia, nessuno scambio. «Sono troppi i giocatori dell'Italia che vorrei, inutile pensare a uno solo». Nemmeno a Raspadori, che pure gli piace tantissimo. «I centimetri nel calcio contano solo per il portiere e i difensori centrali. Lui è fortissimo anche se non è alto: il Napoli ha fatto un grande affare».

Vista la classifica, all'Ungheria basterebbe pareggiare. «Non esiste preparare una partita per pareggiare, giocheremo per vincere. Nel 2017, allenavo l'Honved, ultima giornata contro il Videoton: c'era in palio il campionato, a noi bastava il pari. Vincemmo 1-0. Speriamo vada così anche stavolta». Rientrato in ritiro a Budapest dalla Germania alle 4 del mattino, a mezzogiorno Rossi aveva già visto la partita dell'Italia contro l'Inghilterra. La storia di Marco Rossi allenatore è diventata popolare all'ultimo Europeo, con i risultati di prestigio nel girone della morte, 2 pareggi con Francia e Germania. Una lunga e faticosa carriera in Serie C, esoneri e fallimenti societari, la richiesta di pagare per poter allenare e infine l'Ungheria, prima i club, dal 2018 la Nazionale, allora in Lega C di Nations League e adesso alle soglie della finale. Un contratto fino al 2025, la clausola per liberarsi, ma nessuna voglia di rivincita col calcio italiano. «Ho trovato qui la mia consacrazione, queste soddisfazioni sono enormi. Gli ungheresi amano il calcio, anche più degli italiani, ma sanno che il loro campionato non sarà mai di alto livello. Con la Nazionale stiamo facendo rivivere emozioni che sono solo sugli almanacchi».

Anche l'Ungheria non è al completo, gli infortuni non risparmiano nessuno. C'è un unico italiano, il pisano Nagy. «Ho solo 4 calciatori che giocano in Bundesliga, tutti gli altri sono in Ungheria o in campionati minori, come la B italiana». Eppure ha vinto a giugno in Inghilterra (0-4) e l'altra sera in Germania. «Perché siamo una squadra». Il senso è presto spiegato. «Ho uno zoccolo duro, una quindicina di calciatori che chiamo sempre, gli altri ruotano. E noi siamo tutti in contatto, continuo, anche quando non ci sono le convocazioni. Videocall, vado a trovarli, li chiamo, siamo un gruppo, siamo uniti».

Rossi gioca il suo calcio, conscio di ciò che l'Ungheria deve fare contro squadra tecnicamente più attrezzate della sua. «Non puoi pensare di tenere palla contro certi avversari, devi pensare a rubargliela e a fargli male appena puoi». Semplice no?

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