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Sacchi: "Sarri aveva una missione impossibile. Juve non ha avuto pazienza"

L'ex allenatore rossonero spiega il fallimento del progetto Sarri alla Juventus: ''La squadra era logorata"

Sacchi: "Sarri aveva una missione impossibile. Juve non ha avuto pazienza"

''Aveva accettato una mission impossible, ereditando un team saturo e logorato da otto scudetti di fila e con l’età sempre più avanzata, sperava nella pazienza e collaborazione del club, ma i dirigenti juventini come sempre hanno creduto in valori diversi...'' Arrigo Sacchi ha commentato così l'esonero di Maurizio Sarri, arrivato dopo la deludente eliminazione in Champions League con il Lione.

Sacchi difende Sarri dalle critiche, piovutegli addosso dopo le roventi polemiche degli ultimi giorni. L'ex allenatore del Milan e della Nazionale, da sempre grande estimatore delle idee tattiche del tecnico toscano, ha commentato il cambio sulla panchina della Juventus nel suo editoriale sulle colonne della Gazzetta dello Sport : ''E’ stato esonerato Sarri: aveva accettato una mission impossible. Sperava nella pazienza e collaborazione del club, ma i dirigenti juventini come sempre hanno creduto in valori diversi. Il motto della casa è: conta soltanto vincere. Così si trascurano fattori come il merito, la bellezza, le emozioni, lo spettacolo, l’armonia, la cultura e l’evoluzione. Il calcio rispetta una filosofia che per vincere non può disconoscere altre componenti come la melodia, l’impegno, l’entusiasmo, il coraggio, le idee, l’innovazione e l’inclusione. Una vittoria senza questi contributi rimane negli almanacchi, ma non nella mente''.

Il fallimento di un progetto tecnico, che Sacchi spiega in questo modo: ''Maurizio Sarri ha ereditato un team saturo e logorato da otto scudetti di fila e con l’età sempre più avanzata. Un gruppo con molti individualisti poco disposti a correre e lottare per i compagni. È stato utopistico pensare che Sarri potesse dare armonia e amalgama a una squadra anziana, poco abituata a essere un collettivo di 11 giocatori che praticano sia la fase difensiva sia quella offensiva, polivalenti, uniti da un feeling invisibile che fa riferimento al gioco''. Una scelta coraggiosa quella della società bianconera, colpevole però secondo l'ex tecnico di non aver creduto fino in fondo in questo progetto: ''Andrea Agnelli, grande dirigente, con l’assunzione di Sarri aveva dato uno strappo con il passato: ha tentato di avvicinarsi al futuro, purtroppo non ha avuto pazienza. I bianconeri sono da sempre leader in Italia, ma stentano a livello internazionale''.

Poi prosegue: ''Il nostro è un Paese conservatore dove, purtroppo, il gioco ha conosciuto scarsi sviluppi e novità. Cambiare non equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare, diceva Winston Churchill. La Juventus è un esempio per tutti di organizzazione e potenza: si sperava che fosse anche un faro in grado di illuminare e proporre un football positivo e bello, come il calcio moderno e generoso di Sarri. Senza evoluzione e innovazione non ci può essere futuro: rimarremo dei rétro. La Juventus, da apripista, dovrà indicare e percorrere le strade del futuro, nel proprio interesse e in quello di tutto il calcio italiano. E si ricordi che il calcio è uno sport di squadra con momenti individuali, non il contrario. Diceva Albert Einstein: soltanto i pazzi''. E se lo dice il più rivoluzionario degli allenatori forse c'è da credergli.

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