La Samp dopo la Lazio. Il Diavolo studia poco e si fa bocciare ancora

Montella fa mea culpa, ma Fassone bacchetta: «Noi sconfitti da chi è meno ricco e più debole»

La Samp dopo la Lazio. Il Diavolo studia poco e si fa bocciare ancora

Due spallate al Milan e alle sue ambizioni Champions. Le rifila la Sampdoria destinata a essere una realtà di questo campionato. La lezione di Giampaolo al collega mette già spalle al muro una squadra bocciata ai primi due veri esami della stagione. Dalla Lazio alla Samp, i rossoneri incassano due sconfitte che sono troppo dopo appena sei giornate di campionato. Anche se ottenute contro squadre che lavorano insieme da due anni e in trasferta, ma sono alibi fini a se stessi. E se possibile il ko di Marassi fa più male di quello dell'Olimpico, catalogato come classica giornata nera.

Invece ieri è successo qualcosa di più e soprattutto di diverso. Il Milan per atteggiamento non è entrato in campo: giocatori sempre secondi sul pallone, spesso battuti nei contrasti. Non un bel segnale quello di Montella che dice: «Non me lo so spiegare, siamo stati insufficienti». L'approccio da dimenticare ha confezionato un primo tempo in cui alla Samp è mancato solo il gol. Arrivato, scherzo del destino, dopo oltre un'ora e a pochi secondi dall'urlo del tecnico rossonero ai suoi: «Dai che la partita inizia adesso...». Appunto. Pochi secondi e il Zapata blucerchiato ha scaraventato in rete l'assist del Zapata rossonero complice spallata di Ramirez. Nel recupero altra scenetta e stessi interpreti: Duvan che manda in porta Alvarez mentre Cristian scivola malamente. Ma sarebbe riduttivo ridurre agli episodi una sconfitta meritata. Lo dicono anche i numeri, gli stessi che il matematico Montella aveva snocciolato alla vigilia per spiegare la forza della squadra. Ma ieri non c'è stato il dominio nel possesso palla e soprattutto i rossoneri hanno fatto un solo tiro in porta. Un Milan sterile, inaccettabile preda della confusione provocata anche dalle scelte dell'allenatore. I fatti gli hanno dato torto nel preferire Zapata a Musacchio, ma soprattutto snaturare Suso spostandolo dalla fascia alle spalle della punta non convince. Così come insistere anche a partita in corso su un Kessié in evidente difficoltà accentua le perplessità sui cambi comunque tardivi. Montella ha abbozzato sulla gioventù della squadra che determina questi alti e bassi e sul fatto che giocare ogni tre giorni non aiuta una squadra rivoluzionata. Comunque non nasconde la testa sotto la sabbia: «Eravamo scarichi mentalmente e io ho sbagliato a non capirlo».

E dopo le spallate in campo della Sampdoria, arrivano quelle di Marco Fassone, preannunciate dalla faccia scura in tribuna insieme a quella del ds Mirabelli: «Non ci è piaciuto l'atteggiamento che non ha alibi e deve essere cambiato rapidamente». La stoccata ai giocatori. E ancora: «Arrivavamo da nove vittorie in dieci gare, quindi l'autostima ci sarebbe dovuta già essere...». E poi il messaggio per scuotere anche l'allenatore: «Non possiamo perdere con avversari che sulla carta sono più deboli di noi. Sono un uomo di numeri (lui sì che deve esserlo, ndr) e quindi so che la Samp ha un fatturato che è un terzo del nostro e stipendi che sono un terzo dei nostri. Eppure per settanta minuti la squadra di Giampaolo non ci ha fatto uscire dalla nostra metà campo».

Purtroppo per Fassone e soprattutto per Montella, adesso sotto tiro, il calcio non è fatto di numeri. E le prossime avversarie si chiamano Roma e Inter. Fassone ha ribadito che l'obiettivo è la Champions. L'impressione è che le prossime due diranno molto sul futuro del Milan di Montella.

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