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È lo scudetto dei solisti. Ripassare per lo show

Sarrismo? No, un allenatore svuotato che si è adeguato alla Juve. Il suo Napoli fino alla tre-quarti. Poi CR7 e Joya

È lo scudetto dei solisti. Ripassare per lo show

Di anni sessantuno, nato a Napoli ma avendo vissuto tra la bergamasca e il valdarno, Sarri Maurizio ha infine conquistato il massimo risultato al quale un allenatore possa e debba aspirare: il titolo di campione d'Italia. Non c'era riuscito con il Napoli, avendolo smarrito, per ammissione sua, in un albergo. Lo celebra con il supporto decisivo di una società la Juventus, che non gli garbava affatto. Sono i casi della vita per un ex consulente finanziario che non si è ancora liberato di alcune posture e vizi di linguaggio che non dovrebbero appartenere a un professionista e per di più responsabile tecnico della Juventus. Non è necessario fingersi lord o indossare giacca e cravatta ma un po' di educazione, nel dire e nel fare, non sarebbe male.

Ho fatto la premessa perché sarebbe troppo furbo, secondo usi e costumi nazionali, dimenticare le critiche severe nei suoi confronti per correre sul carro e lanciare i coriandoli. Lo dico chiaro e tondo: la Juventus ha vinto il campionato nonostante il suo allenatore, il quale ieri sera, in occasione di una delle pause della partita, non ha avuto nemmeno il coraggio di parlare con i suoi, ormai è un uomo solo e nemmeno al comando, così spento, così svuotato non di forze fisiche ma di tutto quello che dovrebbe invece drogarlo per questa impresa che non gli appartiene. Sarri è un ex bancario che si è rifiutato di diventato banchiere, nel senso professionale calcistico. Era arrivato a Torino con la missione, quasi impossibile, di traslocare tra i bianconeri un football più divertente e meno pragmatico, quei disegni mostrati con il Napoli e, a volte con il Chelsea. La realtà tecnica juventina lo ha portato a cambiamenti in corsa, la presenza di un gigante come Cristiano Ronaldo gli ha imposto scelte diverse, il fuoriclasse portoghese non aveva realizzato un numero così alto di gol in campionato, da quattro anni, quando con il Real Madrid era arrivato a 35 reti. Non va nemmeno trascurato un altro dato: Sarri non ha mai potuto contare su tre uomini dall'inizio di stagione: Demiral, Chiellini e Khedira, assenze che si sono fatte sentire; sono venute a mancare gli inserimenti di Ramsey mentre Rabiot si è rilevato soltanto nelle ultime partite. Senza contare l'involuzione di Gonzalo Higuain che era stato, invece, il viagra (uso termini che piacciono molto all'allenatore) dello stesso Sarri nel periodo napoletano.

Qualcuno sostiene che la Juventus sia arrivata a vincere il campionato nonostante Sarri, l'uomo sbagliato nel posto sbagliato ma va detto, per onestà, che lo stesso tecnico ha saputo adattare le proprie idee e convinzioni, non sempre migliori di quelle espresse dalla critica (è il vizio congenito di chi crede di saperne sempre di più soltanto perché o ha giocato a football o lo dirige dalla panchina) ma già in sede di presentazione aveva premesso che i suoi schemi, cosidetti napoletani, sarebbero stati possibili fino a tre quarti campo, da lì in poi ci avrebbero pensato Ronaldo, Dybala e Higuain. E così è stato, perché per vincere le partite e i titoli servono i calciatori e non soltanto gli allenatori, perché gli artisti cambiano la faccia di un incontro aspro. Sarri ha scoperto il paradiso che lui riteneva fosse inferno abitato da demoni che decidono il calcio. Ha capito con dodici rigori contro che anche a chi veste la maglia a strisce può capitare di trovarsi contro un Var o un arbitro. Si goda questo regalo e cerchi di buttare via quel mozzicone che lo fa sembrare un senzatetto anche screanzato. Ha una casa, di lusso, ha una testa e un passato professionale. Sia Maurizio Sarri, allenatore campione della Juventus campione d'Italia.

Poi verrà la Champions league e sarà il tempo di altri pensieri e parole ma c'è odore di bruciato e non è incenso.

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