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Scusiamoci per il ritardo. L'Italia scopre Cannavaro allenatore

Il pallone d'oro ed "eroe" del Mondiale 2006 alla prima panchina da noi: in B col Benevento

Scusiamoci per il ritardo. L'Italia scopre Cannavaro allenatore

Scusiamoci per il ritardo. Con qualche anno di ritardo ecco che Fabio Cannavaro, faccia sorridente di napoletano che ha girato il mondo secondo antica tradizione di quel popolo, può tornare ad abitare il calcio italiano, casa sua insomma. A 49 anni festeggiati da qualche giorno, ha raccolto l'invito del presidente del Benevento Oreste Vigorito per accomodarsi sulla panchina di quel club finito 13esimo in serie B dopo appena 6 turni e l'ennesima sconfitta patita a Brescia. Da protagonista del campionato, il club campano si ritrova nelle retrovie deciso a riguadagnare credito e posizioni più prestigiose. Fabio Cannavaro sembra fatto apposta per incarnare quel proposito di rivalsa. Il suo è un suggestivo romanzo di calcio romantico per via dei suoi trascorsi in Nazionale e non solo. A Berlino, nell'estate del 2006, ebbe l'onore di alzare al cielo di Germania la coppa del mondo che Blatter, presidente della Fifa dell'epoca, non volle consegnargli personalmente, un dispetto da asilo mariuccia a causa delle storiacce di calciopoli ancora fresche. Sempre con l'azzurro ha collezionato il suo record di presenze, 136, poi stracciato da Buffon, un altro degli immortali del club Italia.

Come tutti gli scugnizzi, vissuti per strada nel rione La Loggetta, a tirar i primi calci al pallone, Fabio cominciò col Napoli, poi emigrò a Parma, quindi toccò le tre tappe stellari, Inter, Juve e Real Madrid e con la maglia dei blancos sulle spalle ricevette il Pallone d'oro per lo splendido mondiale da capitano e leader di un gruppo guidato mirabilmente da Marcello Lippi. Il loro sodalizio, fatto di ideali condivisi ed esperienze esaltanti, nella buona e nella cattiva sorte (mondiale 2010 in Sud Africa) fu la spinta alla collaborazione successiva, quando cominciò la seconda vita calcistica di Cannavaro, da apprendista allenatore. Prima puntata a Dubai, Emirati Arabi, poi Cina, solo Cina, fortissimamente Cina fino a diventare ct di quella nazionale ad interim, erede di Lippi rimasto nei ranghi come direttore tecnico. Ci fu anche un tempo in cui il nome di Fabio Cannavaro venne accostato (aprile 2015) addirittura al Milan sponsorizzato dal Bee Taechaubol che si propose come socio di minoranza di Fininvest per il Milan. Guadagnò solo qualche titolo di giornale sportivo e nient'altro.

Da qualche anno è tornato in Italia, è passato in tv (commento della Champions per Amazon) senza nascondere l'obiettivo dichiarato: dimostrare d'essere in grado di allenare anche in Italia. Gli farà sicuramente bene cominciare a Benevento, tra gente che lo stima e con cui può parlare anche in napoletano. Perché il mestiere dell'allenatore è completamente diverso da quello solitario del calciatore, dove l'aura conquistata a Berlino non conta più.

Contano, secondo tradizione, i risultati e la capacità di guidare un plotone di ragazzi, come accadde in quella famosa estate dalle parti di Dusseldorf.

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