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Sessant'anni fa i primi dopati nel calcio

Nel febbraio del '62 iniziò in Italia la caccia ai furbi. Nel mirino anche Sivori

Sessant'anni fa i primi dopati nel calcio

Il 13 febbraio, l'ex Sampdoria Francesco Flachi torna in campo in Eccellenza a 47 anni dopo averne scontati 12 di squalifica per uso di cocaina. Senza sapere di aver preso parte a una partita, quella della lotta alle sostanze chimiche nel calcio, cominciata 60 anni fa. Il fischio d'inizio è dato il 2 febbraio 1962, non è neanche un mese che Giovanni XXIII ha scomunicato Fidel Castro, la Juve è campione d'Italia in carica e ha in Omar Sivori la sua stella lucente, nonché Pallone d'oro. Sono passati 9 anni dal Mondiale di ciclismo vinto da Coppi a Lugano. Quello per cui anche Brera dirà che «Fausto non ha mai nascosto di voler approfittare in giusta misura della scienza».

L'uso della chimica nello sport, in altre parole, non è una novità. Semmai lo è la guerra che si dichiara a simpamina e affini. Nel giro di 13 giorni vengono effettuati 61 controlli per ricercare amine psicotoniche, degli stimolanti. Ci sono lievi positività in Janich del Bologna e Pini del Mantova, media positività per i bolognesi Capra e Fogli e per il mantovano Sormani, rilevante per gli interisti Bicicli, Guarneri e Zaglio. È la breccia che crea una frattura mai più rimarginabile. Nel mese di aprile arrivano le prime squalifiche e colpiscono proprio i nerazzurri e il centrocampista virgiliano. Il 21 aprile di quel 1962 vengono messi all'indice altri 10 giocatori, accusati di doping: si fa luce sul Milan, sull'interista Hitchens e lo juventino Sivori, testato il 4 marzo precedente dopo la sfida con il Bologna. L'italoargentino era da poco finito nella bufera per le 6 giornate di squalifica rimediate contro la Sampdoria il 25 marzo, che verranno poi ridotte a 5. Ma si guadagna l'Azzurro di una Nazionale che da poco aveva perso Helenio Herrera. Paolo Mazza e Giovanni Ferrari, alla guida della selezione italica, tra i 22 che si portano al Mondiale in Cile inseriscono anche Janich e Sormani, oltre ovviamente a Sivori. Arrivano in Sudamerica che è metà maggio e trovano clima ostile, creatosi per articoli di stampa a firma di Ghirelli e Pizzinelli che avevano spedito in patria fotografie poco edificanti del Cile, dipinto come Paese sottosviluppato tranne che nell'arte della prostituzione. Tanto basta per rendere infernale la vita a italiani e oriundi, o rimpatriati. Sivori si sente gridare «traditore». Oriundi, articoli di stampa e sospetti di doping sono una zavorra che affondano gli Azzurri. In campo, tra sputi e scorrettezze, va in scena La battaglia di Santiago. Azzurri sconfitti 2-0, eliminati dal Mondiale e umiliati dalla rivincita mediatica cilena che li bolla «Italianos dopados». Sivori chiuderà con la Nazionale a 26 anni. Eclissando anzitempo il suo astro e il suo estro.

Ereditato da nonni genovesi e da una terra che ora ritrova in campo quel Flachi che è tuttora terzo marcatore di sempre della storia sampdoriana.

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