Vidal dà il via alla festa Ma poi ritorna Gomez

Partenza razzo della Juve ma l’attacco non punge Torna in Europa e interrompe la legge dello Stadium Fiorentina più squadra, la differenza è Borja Valero

Vidal dà il via alla festa Ma poi ritorna Gomez

dal nostro inviato a Torino

La Juve non vince a Torino ed è già un fatto da edizione straordinaria. Non le capitava dalla partita con il Galatasaray: sarà che l'Europa la manda in confusione. Allora era Champions, stavolta Euroleague ma il conto e il canto non cambiano. Juve che deve però assoggettarsi alla legge della Viola che in Europa League non ha mai perso e ieri sera, nel finale, ha rischiato pure di vincere trascinata dalla maestria di Borja Valero e dal gol di Gomez, a secco da settembre non certo per colpa sua. Juve invece inceppata nei suoi attaccanti di professione, affidata alla vena di Vidal e ora in difficoltà nel ritorno la prossima settimana. Partita vissuta davvero dall'inizio alla fine.
Fiorentina più indigesta rispetto a domenica, anche se freddata dopo tre minuti dal solito killer della casa madre bianconera. Ma stavolta lo Juventus stadium doveva avere aria diversa. C'è stato match ed anche buon calcio. Chissà l'Europa! A parte i cori da pollaio nostrano.

Bellissimo e perentorio il modo di affrontare la partita da parte Juve. Osvaldo libera palla per Marchisio, che la rimanda in mezzo area, le goffaggini di Rodriguez e Fernandez ed ecco il piede d'oro di King Arturo a dettare legge e gol (18° stagionale). Poteva essere l'inizio della fine della ribollita viola, oppure la replica noiosa della sfida di campionato. E per dieci minuti l'impressione si è fatta avanti imperiosa. Juve determinata, grintosa, senza lasciar campo agli avversari che, fino al minuto 14, non hanno visto né l'area bianconera, né lo specchio della porta. Suvvia, siamo in Europa, si sarà detto lo spettatore neutrale, sarà mai possibile riproporre un monologo indegno delle presunzioni del calcio italiano? Non basta la Signora a tener alto il blasone del pallone nostro.

È andata meglio con il passar del tempo: la Fiorentina ha ritrovato una logica di gioco, una guida sicura nel calcio di Borja Valero, una valida spalla in Fernandez( meglio avanti che nei ripieghi difensivi) e la solita prosopopea di Pizarro.

La Juve ha cominciato a ritrovare un'avversaria, la sfida è diventata attraente, godibile. Buffon se l'è vista brutta un paio di volte. Una penetrazione di Fernandez è stata attenuata dalla sua deviazione e dal salvataggio di Asamoah, Matri ha cercato di fare l'ex, e di sopraffare Ogbonna, calciando con fatica verso il portierone, Borja ha pescato uno di quei tiri fra mille gambe senza centrare la porta. Certo Ilicic era poca roba per le mura bianconere: almeno fin al cross decisivo del secondo tempo per Supermario Gomez. Ma altra storia rispetto alla Fiorentina domenicale. E la Juve è stata una fortezza calcistica: solida e consolidata, assistita dalla lena debordante di Asamoah sulla fascia, cercando di sfruttare gli errori difensivi avversari che non sono mancati. Giovinco, guizzante e dignitoso, si è mangiato due conclusioni. Vidal ha caricato un secondo tiro, stavolta di testa , e ancora servito da sinistra ma dal piede a contagiri di Pirlo: ha pescato la traversa. Come fosse un rintocco sinistro per la burrosa difesa viola. Attenti al lupo, dicevano quel pallone e il gioco imperioso del cileno, che ha trovato pure il tempo per pizzicarsi con Pizarro, litigioso connazionale suo.

Peccato siano stati i brividi di un tempo. Nella ripresa non c'è mai stato mare in tempesta nelle aree di rigore per almeno 30 minuti. Al massimo qualche brividuccio. Conte ha provato per la prima volta la coppia Llorente-Osvaldo, Montella ha riprovato Gomez al posto di Matri.

Ma la novella coppia della Signora è durata solo una decina di minuti, il tempo di richiamare Pogba per Osvaldo. Invece Supermario ci ha messo appena di più per mostrare l'arte sua: servito da Ilicic si è infilato tra Caceres e Ogbonna ed ha fulminato Buffon. Pari e giustizia.

Anche se Pogba ci ha provato fino all'ultimo. Vedere quella maglia numero sei che giocava calcio vero, ha restituito un po' di nobiltà a questo nostro pallone, dopo aver sentito fare a pezzi il nome di Scirea dalla gente della curva.

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