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La simpatia e i difetti del Sic non sono mai fuori pista

MotoGp in Malesia, dove il ragazzo "duro e dolce" trovò la morte. Un personaggio che resiste ai processi di beatificazione sportiva

La simpatia e i difetti del Sic non sono mai fuori pista

La morte è tragedia, è disperazione. La morte è una pennellata di sbianchetto, un cancellino, un control-alt-canc sulle colpe della vita. E' frasi fatte, la morte. La morte riabilita se in mezzo ai troppi errori qualcosa di buono si è fatto. La morte offusca e annebbia se invece c'è molto da dimenticare. La morte consente. Permette. Concede. La morte ha reso ancor più grande Ayrton Senna che era immenso ma non era simpatico e sorridente eppure è diventato un padre Pio dei motori che aveva una parola per tutti e gesti morbidi nel trattar la gente. La morte ha trasformato Gilles Villeneuve in un compagnone che neppure te lo immagini e invece era uno scorbutico e permaloso canadese di campagna. Persino malmostoso. E ce ne saranno due di sorrisi suoi in carriera e quanti danni e pericoli aveva provocato e paure e voli e disastri. Tutto dimenticato, tutto in secondo piano. Sembra un paradosso, ma per chi resta, passata la tragedia, la morte di una persona cara, di un idolo, è un infinito travestimento in qualcosa di meglio, che se hai voglia di assecondarlo ci sta anche. Però alla lunga se non stanca certamente distorce tutto in un immenso falso dell'affetto. Un falso firmato da troppi autori.

Con il Sic, no. Con il Sic non è successo nulla di tutto ciò e non succederà. A un anno da quella fottutissima domenica 23 ottobre a Sepang, Malesia, secondo giro, l'Honda bianca e patatina che sbanda e sparisce e ritorna impazzita a tagliar la strada a Edwards, a Rossi, ai sogni del Sic, a un anno dalla sua morte Marco Simoncelli resiste a qualsiasi processo di beatificazione sportiva. Perché molto più semplicemente e onestamente il Sic, ci manca. Con tutta la sua simpatia, con tutti i suoi difetti.

Ne hanno parlato libri più o meno azzeccati e sono intervenuti più o meno amici e hanno pontificato più o meno esperti e in tutti i casi, nonostante tutto, è venuto fuori il vero Sic. Il Sic simpatico e schietto fuori pista e ostinato e pericoloso in pista. “Mi piace ricordare quella frase di Valentino che dice ‘duro in pista e dolce nella vita'” ha confidato papà Paolo a “Sfide” e ad Alex Zanardi che messi insieme tanto di cappello, una trasmissione cult che sa come raccontare e un ex pilota che ha fatto andata e ritorno con la morte che sa cosa vuol dire. E nella frase di Valentino c'è l'essenza di Marco Simoncelli. La forza di essere amato nonostante.

Nonostante abbia vinto poco, nonostante abbia gettato via in troppe cadute dei possibili podi e delle vittorie, nonostante “tagliati i capelli Sic, ci urtano quei capelli a cespuglio” erano i commenti di un popolo di tifosi non ancora diviso dai successi e dalle rivalità Rossi-Simoncelli-Ducati- Honda, ma dal look e dalle frasi magnificamente spiazzanti di Marco e da quel suo modo di vivere i giudizi della gente con il chissenefrega stampato in fronte. Che un po', solo un po', sarà per via della concomitanza di commemorazioni, fa tornare in mente il capellone Gigi Meroni che anche lui aveva iniziato a stupire e incantare il mondo del calcio e che anche lui non aveva mica vinto così tanto e che anche lui se n'è andato a quell'età e che anche lui mica è stato beatificato.

A chi ama i motori, a chi ama questi ragazzi che per la passione mettono sul vassoio se stessi, a chi rispetta le loro famiglie perché “io e mia moglie rifaremmo tutto, pur sapendo che va a finire cos셔 frase, questa di papà Paolo, di un'onestà e crudezza disarmanti “perché Marco era felice”, a tutto questo popolo di appassionati non può essere sfuggito che dopo un anno senza il Sic, il Sic è come se ci fosse. Ed è quasi fastidioso ricordarlo per questioni di calendario, perché nel farlo si realizza che no, il Sic non c'è davvero più. Come accaduto nel motomondiale dove, ammettiamolo, regna la noia per la sua mancanza che neppure un Vale Rossi vincente avrebbe saputo colmare pienamente. Perché una volta arrivato nel motomondo, il Sic quel mondo l'aveva un po' cambiato. Per cui “diobo', dai…” come avrebbe detto, direbbe, dice il Sic, non facciamolo più di ricordarlo ad ogni anniversario, ma continuiamo a viverci accanto ogni giorno. Perché è questa la sua forza. La forza di esserci comunque. Raccontato com'è nel bene e nel male. La forza della sua immagine e dei capelli, la forza delle frasi e della voce squillante e penetrante che non va via. La forza di quel sorriso un po' assente con gli occhi che vagavano in giro che pareva un comico di Zelig. La forza dei piloti, dei vari Lorenzo e Stoner e Pedrosa che proprio lo detestavano per quel suo modo di dare tutto che diventava pericolo per sé e gli altri. Ricordiamoci anche questo: quella fottutissima domenica di Sepang i drammi potevano essere tre. Perché il Sic era così. Il Sic è così.

Durezza e dolcezza.

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