Diciamolo subito per evitare equivoci: non è una ripartenza. Forse è solo l'ennesima occasione per coltivare qualche rimorso rispetto alle scelte di Palermo (Insigne e Immobile in particolare) sulle quali pesa ancora il macigno del mancato successo sulla Macedonia del Nord. Non è una ripartenza perché non può diventare la Turchia di Calhanoglu il termine di paragone e perché il risultato di ieri sera non aggiunge granchè alle 4 stelle sulla maglia azzurra. Nessuno esulta sulla panchina di Mancini a conferma che l'attraversamento del deserto sarà lungo e complicato in assenza di riforme strutturali del calcio italiano e le scuse del ct non saranno sufficienti. S'intravedono un paio di oasi e qualche preoccupante duna. Tonali e Raspadori raccontano in modo didascalico che non siamo proprio all'anno zero e che magari nelle occasioni in cui Barella ha le gomme gonfie, è possibile rivolgersi alla sua tigna e al suo rigore tattico. Decisivo il recupero sul primo sigillo di Giacomino, l'altra fonte di ottimismo. Nel Sassuolo lo costringono a giocare a sinistra per lasciare spazio centrale a Scamacca (si vede poco) ma chi ha il fiuto del gol e sa sempre dove si trova la porta la coglie che sia amichevole una sfida che conta. Così Raspadori, già portato all'europeo quale segno di riconoscimento del talento sia pure acerbo, può diventare il segnale del rinnovamento in attacco. Tra le dune da segnalare quelle di due giovanotti battezzati fuoriclasse in anticipo clamoroso sui tempi, sulla maturità temperamentale e sulle prove superate. Zaniolo per un tempo ha sparacchiato in porta come si può fare in una partita a calcetto con gli amici. Donnarumma si è presentato con due sfondoni, uno (il secondo) peggio dell'altro (il gol), a dimostrazione solenne che sta attraversando la prima tempesta della sua carriera.
Senza la protezione di club e ambiente, è finito preda delle sue paure e delle sue fragilità. L'altro segnale arriva dall'under 20, già qualificata per la fase finale dell'europeo di categoria. Da segnalare l'interista Casadei: da quella generazione dobbiamo ripartire.
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