L'Italia dei numeri primi salta per aria quando ci eravamo illusi che Filippo Tortu ed Elena Vallortigara ci avrebbero salvato dalla grande carestia dove era sprofondata l'atletica nazionale. Per il velocista la stangata nella finale dei 100 metri, per la saltatrice in alto un disastro nella qualificazione, perduta superando soltanto alla seconda prova 1.86, una collina rispetto al monte Ida scavalcato con 2.02 a Londra non tanto tempo fa. Era tesa, ma per saltare in basso su una pedana dove non è riuscita proprio a capire dove stava il cielo e dove era la terra. La tensione, la crisi di stomaco con vomito di quattro giorni fa, tutto collegato ad un'esperienza da quasi favorita a cui forse non era preparata. Il nostro vizio di vedere tutto rosa, senza considerare gli avversari e, soprattutto, le fragilità di chi non è abituato a certe battaglie, ci ha rubato due speranze concrete di medaglia.
Per fortuna, almeno nel salto in alto, ci salva Alessia Trost, la meno attesa, la più tormentata nel suo rinnovamento tecnico e mentale, ma almeno lei alla 3ª prova è andata sopra l'1.90 che non è niente considerando la sua bella storia di saltatrice, ma che è moltissimo dopo il flop della compagna.
Per Tortu ci siamo rivoltati nel letto tutta la notte ricordando che anche Mennea, alle Olimpiadi di Mosca poi diventate d'oro sui 200, aveva mancato clamorosamente i 100, fuori in semifinale, colpito dove faceva più male, ma, per fortuna sua, aveva intorno gente che gli voleva bene e che portandolo al santuario Borzov aveva riacceso il suo sguardo anche se poi fece perdere anni di vita al suo allenatore e maestro Vittori, a tutti, rimontando il gallese Wells soltanto nella seconda parte della corsa diventata storica.
Alla Vallortigara avevamo chiesto di portarci almeno nel giardino dove Sara Simeoni aveva coltivato il suo straordinario talento, non volevano niente di più, ci bastava vederla con le grandi perché lei ha i mezzi per esserlo. Niente. Castigata dagli umori cattivi, esclusa dai giochi.
Amarezza grande, così come per Tortu e, senza offesa per i nostri duecentisti che ieri si sono battuti bene (Faustino Desalu, cremonese di origini nigeriane, splendido finalsta in 20''35), siamo sicuri che la salvezza di questo velocista raffinato sarebbero stati proprio i 200 e invece adesso non ha possibilità di rifarsi. Sì, c'è la staffetta, ma non è la stessa cosa, perché nelle prossime due stagioni dovrà affrontare un mondo che è sicuramente peggio della concorrenza europea.
Con questa amarezza abbiamo evitato di suonare anche soltanto il violino per Gianmarco Tamberi che questo pomeriggio andrà in campo per cercare la qualificazione alla finale di sabato che è fissata a 2 metri e 27, il suo record stagionale, 12 centimetri sotto il suo magico e tragico record di Montecarlo quando si ruppe un tendine e perse Rio. Andrà in pedana con Marco Fassinotti che quest'anno non ha mai saltato davvero bene. Tirateci su il morale.
Non vi chiediamo niente, allineatevi con il resto di una squadra che ha sempre voglia di tenerezza e che sembra battersi anche decentemente, non certo come i nuotatori in Scozia, ma ultimamente erano state soltanto batoste anche nelle eliminatorie.
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