nostro inviato ad Appiano G.
Il confine tra basso profilo e scoramento, non è mai stato così sottile in casa Inter. Alla vigilia di un derby che potrebbe indirizzare definitivamente la stagione: delusione o fallimento. Tradotto: Champions o non Champions, l'obiettivo minimo per salvare l'annata. Pochi tifosi alla Pinetina, toni bassi.
A Luciano Spalletti sembra non dispiacere il ruolo di sfavorito anche se l'orgoglio gli fa dire: «Siamo all'altezza, la differenza non la vedo così importante». L'allenatore nerazzurro riconosce il momento di difficoltà dopo l'eliminazione in Europa League contro l'Eintracht Francoforte. «Ci sono da ristabilire compiti e ruoli e ricreare una struttura forte di squadra», ammette il tecnico di Certaldo che sull'involuzione del gioco aggiunge: «Abbiamo giocato meglio di quanto non si stia facendo ora». Il derby può essere nello stesso tempo la migliore o la peggiore sfida per ripartire anche se Spalletti prova a disinnescarla: «Può lasciare scorie, ma c'è margine per non farla diventare decisiva. Proviamo a vincerla per evitare complicazioni in termini di convinzione».
Spalletti guarda il campo, ma non può restare indifferente a quello che succede fuori. Massimo Moratti ha richiamato alla compattezza, a mettere da parte i «vostri motivi del cavolo per il bene dell'Inter». Un invito a risolvere la vicenda Mauro Icardi. L'allenatore interista si smarca: «Io mi emoziono ogni volta che incontro Moratti...». Una non risposta. Di sicuro l'ex presidente, come insegna la sua storia, avrebbe preso in considerazione l'esonero da diverso tempo.
E da parte di Spalletti nessun cenno all'ex capitano anche se in un paio di passaggi ogni riferimento sarebbe casuale. Ma non troppo. «Keita, Perisic e Borja Valero sono stati bravi a esserci giovedì, non gli si può chiedere di più...»; «Potete star certi che i calciatori dell'Inter non la lasceranno mai sola». Due frasi che dovrebbero far fischiare le orecchie a Icardi, che si è messo sul lettino a tempo indeterminato.
Il convitato di pietra di questo derby, in forte dubbio anche la sua presenza allo stadio. Ma alla vigilia è tornato a vestire i colori nerazzurri postando sui social la sua celebre esultanza con la fascia di capitano in bella vista e San Siro sullo sfondo. Erano settimane che Icardi «snobbava» le tinte nerazzurre. Farlo a ridosso di una partita così importante e in vista della sosta per le nazionali che diventa l'ultima occasione disperata per ricucire, è un segnale indecifrabile. Comunque la risposta indiretta è arrivata da Ranocchia, che gli ha messo un like ma con una maglia nerazzurra.
All'andata la decise proprio Maurito all'ultimo respiro, ma Spalletti non vuole prendere ad esempio quella partita che «fu in totale equilibrio». C'era lui, c'era Higuain. Un girone dopo ci sono Lautaro Martinez e Piatek. Spalletti lancia la sfida: «Il derby dirà chi ha più ragione». Il Milan dal Pipita al polacco ci ha guadagnato, lo dicono i numeri. L'Inter non può dire altrettanto a livello statistico, ma il Toro ha fatto il suo e soprattutto convince nella partecipazione alla manovra, nel suo lavoro di sponda e di raccordo con la squadra. Quello che da Mancini in avanti tutti gli allenatori hanno chiesto a Icardi, ricevendo risposte alterne. Nessuna gabbia per Piatek rivela Spalletti: «Bisogna fare bene le cose di squadra, individualmente diventa dura».
Vale per disinnescare Piatek, vale per rimettere dietro il Milan dopo il clamoroso sorpasso subito in classifica. Ritrovare il concetto di squadra diventa fondamentale in un derby che, complice la sconfitta della Roma con la Spal, a livello di classifica non ha un'importanza così vitale.
E poi Spalletti aveva detto: «Per noi è importante arrivare davanti a chiunque, non solo al Milan, ma è fondamentale il quarto posto». Già, perché il primato cittadino è effimero se non porta titoli, mentre i milioni della Champions sono fondamentali. E stavolta è un derby Champions per due, grazie anche alla Roma.
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