Uno statuto con gli italiani più «pesanti» nel Cda

Sarà anche cinese il nuovo Milan, ma la componente italiana del nuovo consiglio di amministrazione avrà un diritto di veto pesante. È quanto emerge dal nuovo statuto approvato dall'assemblea dei soci di ieri. A partire dall'articolo 15 che determina la composizione dell'organo che deve essere formato da otto membri di cui almeno quattro di cittadinanza italiana. Ma è l'articolo 18 a far capire che i cinesi dovranno sempre dipendere dal voto italiano. Nel regolamento sulle deliberazioni è indicato che ovviamente sono prese con il voto favorevole della maggioranza. Ma si precisa che non basta, perché almeno la metà dei voti favorevoli deve essere espressione dei componenti con cittadinanza italiana. Un paio di esempi: con 8 membri presenti, la maggioranza valida è cinque di cui tre italiani; con 6 membri presenti la maggioranza è quattro di cui due italiani. Tutto abbastanza curioso per una proprietà al novantanove e passa per cento cinese. Detto che Elliott, il fondo che ha garantito il prestito decisivo per il closing, è già rappresentato nel comitato consultivo dei creditori da Franck Tuil.

Inoltre l'ad Fassone potrà risolvere i casi di stallo solo dopo che il cda gli avrà attribuito il potere di casting vote. Non solo, è prevista la maggioranza dei 7/8 per determinate votazioni ad esempio per le cessioni in proprietà o godimento di beni della società aventi un valore superiore a 5 milioni di euro, dalle quali sono esplicitamente esclusi i trasferimenti e le cessioni dei calciatori (ma le scelte degli allenatori?). Nello statuto emerge anche un'altra curiosità: ad esempio che il cda che prima si poteva tenere solo in Italia, adesso potrà tenersi nell'Unione Europea o in Cina.

Comunque il nuovo cda rimarrà in carica per tre esercizi (o sino alla data dell'approvazione del bilancio 2019). Ufficializzati i nomi: Yonghong Li, presidente del cda, Li Han, Bo Lu, Renshau Xu, Marco Patuano, Roberto Cappelli, Marco Fassone e Paolo Scaroni.

Alla chiusura dei lavori tra i piccoli azionisti c'è chi si domanda: «Ma dovremo partecipare in prima persona a un eventuale aumento di capitale?». Prima era consuetudine che ci pensasse Fininvest. Ma ora il Milan è cinese. Così dice la forma.

DPis

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