«Tentata dalla Grande Mela E il doping non mi sfiora»

Quell'alessandrina gracile, alta uno e 60 per 46 chili, insegue la Grande Mela. Non ha l'arco di Guglielmo Tell, eppure vuole infilzarla, ovvero vincere la maratona più famosa, dopo i secondi posti a Rotterdam, al Mondiale e all'Europeo e l'8° all'Olimpiade.

Valeria Straneo, domenica migliorerà il 5° posto del 2013?

«Lo spero - racconta la podista del Runner team 99 -. Era stato faticoso per il vento terribile, stavolta la temperatura scenderà parecchio».

Torna due mesi e mezzo dopo l'argento di Zurigo.

«La condizione è buona, in base agli ultimi allenamenti e al test sull'acido lattico. Partirò decisa, puntando a un passaggio più veloce a metà gara».

Quali sono le favorite?

«Le keniane Kiplagat, che mi staccò nel finale iridato in Russia, Keitany, pure over 30, e Jeptoo, seconda un anno fa. Senza dimenticare l'etiope Deba, vincitrice nel 2012».

Due anni fa l'urugano Sandy costrinse ad annullare la competizione.

«Eravamo quasi in 50mila, tornai per la mezza maratona di marzo, chiusa 19^ per il -3°. Anche in gruppo si è da soli: un mal di pancia diventa potenzialmente drammatico, un cambio di ritmo può paralizzare la falcata».

A fine millennio Franca Fiacconi inanellò vittoria, due secondi posti e un terzo...

«Mi colpì la grinta, perciò ne incollai la foto sul diario. Iniziai alle elementari, ai giochi della gioventù, solo dal 2001 però gareggio seriamente. Se riesco, arrivo a Rio 2016».

Nonostante i pregiudizi sull'esplosione tardiva?

«Avevo l'anemia e soffrivo di sferocitosi, disfunzione congenita della membrana dei globuli rossi: i più fragili si rompono, distrutti dalla milza ingrossata, me ne asportarono 26 cm, per un 1,8 kg; causavano pure occlusioni intestinali».

È guarita?

«Perfettamente, riscattando una genetica invalidante. Non mi aspettavo questo crescendo, è una grandissima sorpresa».

La magistratura di Trento interroga due volte persino Stefano Baldini. Lei è pulita?

«Dopo l'operazione, i valori si sono normalizzati, emoglobina ed ematocrito. La cultura del sospetto è alimentata dai casi Schwazer e Armstrong, l'anno scorso dai velocisti giamaicani: io non ho usato niente, escluso vaccini prima dell'intervento, per aumentare le difese immunitarie ed evitare infezioni. E poi presi normali antibiotici».

Al dopo carriera ha pensato?

«Non ancora. Mi piacerebbe restare in atletica, le medaglie portano opportunità. In fondo, senza l'affiorare della malattia, lavorerei ancora all'asilo».

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