La strada è tracciata ma il percorso è ancora lungo. La Nazionale di volley femminile, infatti, ha battuto con un secco 3 a 0 l'Olanda ed è la terza squadra italiana a conquistare il pass olimpico. Ma ora che il primo mattone del cammino verso Tokyo 2020 è stato posato, per l'Italia, inteso come sistema sportivo, inizia una seconda e forse più importante battaglia: quella della parità di genere nello sport.
In tema di diritti delle donne, al contrario della pallavolo, siamo rimasti indietro rispetto ai tulipani. Sulla scia del secondo posto ai recenti mondiali di calcio femminile, l'Olanda si è portata avanti e ha compiuto il passo verso il professionismo nel calcio femminile, tanto da convincere l'Ajax ad applicare le stesse condizioni contrattuali sia alla squadra maschile che a quella femminile. Questo mentre gli Usa mostrano limiti sui principi di equità. Per esempio, ha fatto discutere Allyson Felix, la velocista sei volte campionessa olimpica che ha annunciato di aver lasciato la Nike. Nel 2018, al rientro dalla maternità, si era vista offrire dal colosso calzaturiero un contratto ridotto del 70%. Nei mesi scorsi Nike era corsa ai ripari promettendo di eliminare la norma contrattuale legata ai risultati, ma troppo tardi. La Felix si era ormai accasata altrove: accordo con il marchio Athleta, con un contratto dettagliato alla voce diritti e maternità.
L'Italia, sul tema donne e sport, procede comunque spedita.
L'istituzione del Fondo di maternità, rinnovato in questi giorni (1000 euro al mese per assicurare continuità retributiva durante il periodo di congedo per maternità), rappresenta infatti un'enorme passo in avanti per la tutela delle atlete. E altri ne arriveranno. Questione di vittorie. Questione di civiltà.
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