Angelo Rossi
Napoli L'hanno meritato i cinquantamila di Fuorigrotta. Lo ha ammesso pure Sarri. Una cornice pazzesca, un tifo incessante, la voglia matta di non finirla qui: accada quel che accada ma se la lotta tricolore regala ancora cuore e batticuore è perché la marea azzurra ci crede, più dello stesso Napoli. Si sono giocate due partite al San Paolo, la prima durata settantacinque minuti che ha premiato il doppio bus piazzato da Maran ai limiti della propria area: difesa a oltranza e stoccata vincente di Stepinski. E poi il mini-match più o meno di un quarto d'ora, quello finale, dove non è mancato niente: una traversa, i miracoli di Sorrentino, i fischi a Insigne che reagisce male, il sussulto di Milik e la resurrezione di Diawara. Il meglio del meglio condensato in sei giri di lancette, gli unici da grande squadra, i soli alla fine a fare la differenza.
Allo scadere il Napoli ce l'ha fatta ma che non fosse un pomeriggio di autentico sarrismo, lo si era intuito subito. Dal primo tempo cioè, dall'approccio molle alla partita, dal modo lento e prevedibile di aggredire l'avversario, un atteggiamento a metà tra il presuntuoso e la stanchezza. È sembrato di rivedere il match dell'andata, i veronesi asserragliati nella propria metà campo, due linee compatte in mezzo alle quali i napoletani non sono riusciti a dare ordine a qualsiasi tipo di giocata offensiva. Senza le geometrie e la profondità di Jorginho, la manovra più ragionata di Diawara non ha incontrato la giusta complicità dei compagni, e Hamsik non è riuscito nemmeno questa volta a garantire vivacità, cosa che gli riusciva alla perfezione fino a qualche settimana fa. Ma il problema grosso per 75' è stato l'attacco: l'involuzione di Insigne è la fotografia della squadra, poco lucido, debole sulle gambe, senza un briciolo di idea geniale che gli passi per la testa. Più o meno sugli stessi livelli di Mertens, stanco morto, in pratica bollito, mai al tiro, anzi una sola volta: a inizio ripresa, dagli undici metri, quando è riuscito a sbagliare pure il rigore, calciando in maniera banale e centrale.
Pareva dovesse finire così, un pareggio anonimo prima che Koulibaly macchiasse una gara quasi perfetta con un passaggio sciagurato: regalo che Giaccherini e Stepinski hanno concretizzato al massimo. Qui è iniziata l'altra partita, si sono visti sprazzi di Napoli vero, non ispirato da Insigne che battibeccava con il pubblico ma da Milik, fresco come una rosa, messo tardi nella mischia, comunque in grado di sfiorare due volte il gol prima di inchiodare il pareggio.
C'era qualcosa nell'aria e a quel punto la magia del San Paolo ha ispirato il destro di Diawara, bello, preciso, imparabile. Se succederà ancora qualcosa, si dovrà presentare il conto a questo folle pomeriggio napoletano.
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