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Wawrinka è il solito castiga-Djokovic

Lo svizzero sbarra la strada a Nole anche nella finale degli Us Open: «Io so soffrire»

Wawrinka è il solito castiga-Djokovic

Non c'è mai stata sconfitta più annunciata per Novak Djokovic in carriera. Sarà perché Stan Wawrinka sta diventando il suo incubo, avendolo battuto nelle ultime tre occasioni in cui lo ha incrociato in uno Slam (quarti Melbourne 2014, finale Parigi 2015 e appunto New York 2016). Sarà anche perché lo svizzero trionfando agli UsOpen ha collezionato il terzo Major della carriera e anche l'undicesimo successo in finale consecutivo da giugno 2013. Ma soprattutto è per quello che è successo prima e durante la sfida tra i due: bastava guardare la faccia di Nole, il suo linguaggio del corpo, per capire.

È insomma il trionfo di «Stan the Man» (6-7, 6-4, 7-5, 6-3 il punteggio), il tennista amico di Roger Federer che picchia duro e che si è ricostruito una nuova carriera dopo aver deciso qualche anno fa che il tennis valeva più dell'insistenza della moglie di averlo a casa. Ed è il periodo nero di Novak Djokovic, nonostante la fortuna di aver fruito di ben tre ritiri sulla strada della finale, per uno Slam che sarebbe stato il tredicesimo. Ma lui fisicamente, tennisticamente e moralmente non è mai stato il vero numero uno. Anzi. Per esempio durante il match contro Wawrinka, Djokovic ha chiamato due volte - e per entrambi i piedi - il «medical timeout» avendo però i crampi, provocando le critiche di commentatori come Patrick McEnroe: «È un abuso di regole, l'arbitro doveva intervenire. Ma si sa: a Nole tutto è concesso». Lui ha replicato con un incerto «mi sanguinavano le dita...» e così la risposta migliore l'ha data alla fine Wawrinka, spiegando il perché della vittoria: «Ho deciso di essere duro con me stesso, di non mostrare il dolore, i crampi. Niente. Soffrivo, e adesso sono felice».

E glielo si leggeva in faccia, appunto.

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