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Wawrinka, il vassallo ribelle di re Federer

Un tatuaggio può cambiare la vita di un uomo, nel nostro caso la carriera d'un tennista. Il giorno che perse a Indian Wells con un malconcio Federer per l'ennesima volta, poco più d'un anno fa, Stanislas Wawrinka si fece tatuare sul braccio sinistro una frase di Samuel Beckett: «Ho provato. Ho sempre fallito. Non importa. Prova ancora. Fallirò meglio». Sembrava il segno d'una resa, quasi la presa di coscienza d'un destino crudele, lui svizzero come Re Roger, ma di lui vassallo. In soldoni il simbolo d'un uomo che fino a quel momento aveva vinto solo 4 tornei, neanche importanti, e fallito proprio nelle settimane precedenti tre appuntamenti che avrebbero potuto imprimere una svolta alla sua storia sportiva. Era proprio iniziato male il 2013. A Melbourne aveva lasciato strada negli ottavi dell'Australian Open a Djokovic dopo una battaglia protrattasi per oltre cinque ore e finita 12-10 al quinto. Con la beffa che avrebbe potuto servire per il match se un suo pallonetto non fosse stato giudicato ingiustamente fuori senza più avere la possibilità di aggrapparsi all'occhio di falco. «La mia miglior partita», disse in conferenza stampa fra le lacrime. A distanza di due settimane un altro colpo da ko nel primo turno di Coppa Davis. In coppia con Chiudinelli (Federer aveva dato forfait) perse il punto decisivo al termine di una partita infinita che Berdych e Rosol si aggiudicarono per 24-22, logicamente al quinto, allo scoccare della settima ora. Qualche giorno più tardi arrivò anche la mazzata a Indian Wells.
Uno sfigato, a usare una parola per niente nobile, ma esaustiva. Invece no. Stanislas Wawrinka, 29 anni compiuti a marzo, ha trovato dentro di sé la forza per risorgere e infrangere l'area riservata ai "fabolous four". Eccolo trionfare a Chennai. Eccolo soprattutto portare a casa uno slam battendo nell'ultima finale dell'Australian Open Rafa Nadal al quale in passato non era riuscito a strappare neanche un set. Ed eccolo sfatare il tabù di Federer lasciandogli gli spiccioli nella finale di Montecarlo e battendolo per la seconda volta in 15 incroci. Guarda caso la prima risaliva agli ottavi di Montecarlo 2009. A fine partita, Roger l'ha abbracciato da fratello maggiore: «Hai giocato meglio di me». Ad applaudirlo con particolare gioia la moglie Ilham Vuilloud e il coach Magnus Norman. Se quest'ultimo è riuscito nell'impresa di rafforzarne la tenuta mentale («Non hai niente da invidiare a Nadal, Djokovic, Federer e Murray. Di rovescio sei il migliore al mondo»), la prima ha avuto la forza di aspettarlo dopo un anno di separazione... tennistica. Già perché, a capodanno del 2010, Stanislas le disse che sarebbe andato a vivere per conto proprio: «Il tennis è la mia priorità e al tennis devo dedicare tutto me stesso nei 4-5 anni di carriera che mi restano».
Un'altra lo avrebbe mandato a quel paese. Al contrario Ilham, di dieci anni più grande, ex presentatrice della tv svizzera, l'ha aspettato. In fondo non aveva una donna per rivale, ma una racchetta. Beh, i risultati sono arrivati. E ora Stanislas, anti divo per eccellenza, mai un gesto fuori posto, vero Fognini?, può anche tentare la scalata a Djokovic e Nadal. La distanza è tanta nel ranking. Ma lui a differenza dei rivali non ha problemi fisici, e il particolare potrebbe fare la differenza, anche nei prossimi slam.

Beckett annuisce.

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