Uno sportello per i malati di scommesse

Uno sportello per i malati di scommesse

Con quasi 300 milioni di euro all’anno, la Lombardia detiene il primato di incassi dell’industria del gioco. E Milano, con 298 attività nel campo, è la terza città giocatrice d’Italia. La battono solo Napoli (per tradizione) e Roma (per dimensioni). È quanto emerge dai dati raccolti dall’associazione Orthos, che da anni affianca chi abusa di slot machine, borsa, scommesse, lotto, e altri tipi di giochi in maniera compulsiva. È proprio sulla base di questa fotografia che il Comune ha deciso di aprire uno sportello contro l’azzardo. Si chiama «Quando il gioco non è più gioco» ed entrerà in funzione il 28 novembre: resterà aperto dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 18 nella sede del Consiglio di zona 3 in via Sansovino. Qui potranno trovare un punto di riferimento medici, educatori, amici e parenti dei giocatori compulsivi o gli stessi scommettitori «pentiti». «Non fatevi incantare dalle sirene del gioco» è l’invito del Comune. Il progetto, appoggiato anche dall’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, prosegue il lavoro già avviato nella precedente amministrazione e cerca di arginare un fenomeno in crescita, soprattutto in periodo di crisi.
Negli ultimi mesi le sale scommesse, legalizzate, sono proliferate, soprattutto nelle periferie e c’è chi getta via l’intero stipendio a colpi di slot machine. Spesso cadendo nella trappola degli strozzini e contraendo debiti da cui diventa impossibile uscire.
Allo sportello, dopo uno, due o massimo tre incontri con psicoterapeuti o specialisti, gli interessati verranno poi indirizzati ad un Sert o a una struttura specializzata. Entro pochi mesi Palazzo Marino aprirà sportelli simili in tutta la città, «per un’azione corale contro un problema sempre sottovalutato ma altamente distruttivo». Majorino ha voluto sottolineare come la dipendenza da gioco «è stata tollerata e spesso anche incentivata dal governo centrale. C’è una lobby di imprese del gioco - aggiunge - che continua a alimentare questo mercato».
L’identikit del giocatore milanese? Nel 78 per cento dei casi è un maschio, tra i 35 e i 44 anni, con un diploma di media superiore e un lavoro, da operaio o da impiegato. Gioca da oltre dieci anni e chiede aiuto dopo aver «buttato» oltre 5mila euro, non prima. Spesso il gioco lo porta al divorzio, o almeno all’allontanamento dalla famiglia. E in tanti casi gli provoca anche rimproveri sul lavoro e minacce di licenziamento.
Secondo il presidente di Orthos, Riccardo Zerbetta, l’industria del gioco è cresciuta a dismisura. «Siamo passati - denuncia - da un incasso di 24 miliardi nel 2004, siamo passati a 61,4 miliardi nel 2010 con un incremento del 13% solo negli ultimi 12 mesi. Questa è un’industria che costituisce il 3% del Pil nazionale».


Tra gli strumenti in mano alle istituzioni e alla società per contenere questi numeri c’è anche «un’adeguata informazione e comunicazione del fenomeno che contrasti la pressione mediatica, e bisogna smettere anche di aprire e pubblicizzare sale gioco - ha spiegato - infine c’è anche un governo biscazziere che ha sempre approfittato di questo fenomeno che colpisce i più’ deboli, con l’alibi di risparmiare una finanziaria agli italiani».

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