Lo squilibrio I bilanci che non tornano

RomaSe si volesse fare un’operazione di equità tra generazioni senza compromessi, magari mettendo in pari le pensioni dei padri con quelle dei figli, ci si troverebbe di fronte a un conto salatissimo. La disparità tra i due mondi, quello dei baby boomers e quello dei giovani è enorme e forse incolmabile.
Senza scomodare le differenze che riguardano l’età del ritiro (dagli anni «d’oro» delle anzianità concesse anche ai quarantenni, ai 67 anni di fatto, che sono la prospettiva di chi entra oggi nel mondo del lavoro) e l’assegno (i giovani avranno pensioni di poco superiori alla metà degli ultimi stipendi, le generazioni passate potevano contare sul 70%), basta dare uno sguardo ai conti dell’Inps per avere uno scenario da era post welfare. A reggere la previdenza sono soprattutto i parasubordinati, cioè una categoria di lavoratori composta per lo più da giovani che avrà - quando e se le avrà - le pensioni più basse.
Nel 2011 l’Inps prevede dagli atipici entrate per sette miliardi di euro. Le uscite, quindi le pensioni erogate, poco superiori ai 500 milioni di euro. La gestione degli atipici è in una situazione che definire in attivo è un eufemismo: circa 6,5 miliardi di euro all’anno di avanzo (in crescita rispetto agli anni scorsi), che però servono a pagare le pensioni in essere.
Ogni euro erogato a favore di pensionati ex parasubordinati, ce ne sono 14 che entrano. È vero che di pensionati atipici ce ne sono pochi, 268 mila, a fronte di 1,7 milioni di contribuenti, ma è anche vero che il rapporto tra lavoratori ed ex lavoratori è solo di uno ogni sei.
Il fondo pensioni dei lavoratori dipendenti è quello con le cifre più importanti. Presenta un disavanzo che è calato negli anni, solo grazie agli aggiustamenti fatti dai governi di centrodestra (in primo luogo sulle finestre, che hanno, di fatto, allungato di un po’ l’età del ritiro). I 12,7 milioni di iscritti all’Inps versano quasi 95 miliardi di contributi, contro 107 miliardi di pensioni erogate a 9,6 milioni di anziani. Il disavanzo è di più di sette miliardi di euro, anche perché ingloba i conti in rosso di ex gestioni separate che sono entrate nell’orbita Inps.
Il sistema, in sostanza, è in equilibrio soprattutto grazie ai giovani parasubordinati. Senza contare che anche i conti della previdenza dei lavoratori dipendenti, si reggono per il sistema a ripartizione: a pagare le pensioni in essere sono i contributi di chi lavora. Quindi anche i giovani più fortunati, quelli che hanno un lavoro fisso, finanziano pensioni a ex lavoratori, che godono di condizioni che a loro non spettano.
L’appello di Angelino Alfano per ridare un po’ di equità al sistema Italia, riguarda il lavoro. Sono di ieri i dati di Confartigianato dai quali emerge che in Italia i giovani under 35 senza lavoro sono 1.183.000. Il Belpaese segna dunque record negativo nell’Ue per disoccupati tra 15 e 24 anni: al 29,6%. L’associazione degli artigiani per risalire la china indica il rafforzamento dell’apprendistato. Che poi è la strada scelta dal governo.

L’apprendistato - ha spiegato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - anche grazie alle nuove norme in manovra per limitare l’abuso dei tirocini, deve diventare il modo tipico con cui transitare dalla scuola al lavoro perché fondato sull’integrazione tra apprendimento e lavoro».

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