Stadio: «Ancora ultimi? L’importante è suonare bene»

La band punta al divertimento e duetterà con Teresa Salgueiro dei Madredeus

da Milano

Hanno voglia poi a dire che sono parole lanciate nel vento. Gli Stadio si presentano negli uffici milanesi della loro casa discografica, la Emi, per dire che «sì, Sanremo è una bella occasione, e poi ce l'ha chiesto Baudo in persona: se ti chiede di partecipare uno come lui, bisogna andare. Per noi Pippo è garanzia di qualità. Ma non siamo fatti per arrivare primi. Potendo scegliere, diremmo secondo posto: se arrivi primo è la fine, non puoi più girare in bicicletta per Bologna. Ultimi per la terza volta? Ci può stare. Comunque al festival andiamo per divertirci, e per suonare bene». Un pizzico di captatio benevolentiae a Re Baudo, una buona dose di strategia politica e anche quella sincerità ruspante che saltella con inflessione romagnola sulla bocca di Gaetano Curreri: gli Stadio non sono pronti, sono prontissimi per il Festival di Sanremo. Tanto che hanno persino un album nuovo di zecca, in uscita proprio nel week end dei fiori, intitolato per l'appunto Parole nel vento: 12 brani inediti - tra cui la sanremese Guardami - ballata pronta a cambiare volto nella serata dei duetti. Con Curreri & co canterà infatti Teresa Salgueiro, voce dei portoghesi Madredeus. A lungo inseguita dalla band, la Salgueiro ha gradito la canzone e ha detto sì. Per questo Curreri è contento: «La sua voce è unica, di straordinaria estensione, sono sicuro che si sposerà bene con la mia. Io amo comporre per le donne. Patty Pravo, Irene Grandi, Laura Pausini: scrivere per una grande artista è come innamorarsi di lei». E a proposito di donne da festival, Curreri attende al varco Penelope Cruz: «Lei è la donna alla quale mi piacerebbe dire le cose che di solito canto».

La febbre per la femmina è cosa da emiliani-romagnoli, e Curreri ha un aneddoto a proposito di un illustre amico, Vasco Rossi: «Vasco - rivela Curreri - voleva smettere con la musica, dopo che avevamo girato senza successo alla ricerca di un produttore. Io l’ho convinto a insistere, perché lui già diceva: resto a fare il dj in radio, tanto le donne le trovo anche così. Se oggi Vasco è Vasco lo deve anche a me».

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