La Stampa tarocca. Eppure accusano il Giornale

RomaMario Calabresi, direttore della Stampa, cerca di chiudere il caso. Un errore. Nessuno scoop anti-Cavaliere e un secco no a qualsivoglia «campagna d’odio», fa sapere ai lettori, smentendo che lo strappo del falso Avvenire - col Papa che bacchettava Berlusconi - fosse costruito ad arte nella tipografia del suo giornale.
Tutto bene, tutto giusto, persino troppo snob. Salvo il fatto che non proprio tutto torna. E infatti si registrano (in replica a due lettori che hanno inzuppato la penna nel caso, il primo evocando la necessità di vergognarsi, il secondo invitando ad un’alzata di spalle per il «refuso») le rinnovate scuse al giornale dei vescovi e ai lettori. Ma si omette di far sapere se analoga cenere sul capo si sia sparsa anche nei confronti del premier. O non era lui quello che il falso Avvenire metteva sotto accusa?
E ancora l’ottimo Calabresi racconta che l’immagine tarocca della prima pagina del quotidiano dei vescovi «era stata presa su Internet da un nostro grafico che nella fretta non si è reso conto che si trattava di una finta pagina...». Peccato che ieri alcuni dei nostri grafici, pur circolando in rete per ore, quella falsa prima pagina non l’abbiano trovata da nessuna parte. E peccato che qualsiasi cronistucolo alle prime armi sappia perfettamente come per ingrandire le bozze di una pagina sul proprio computer, basti cliccare contemporaneamente Ctrl-+ per distinguere testi e immagini. Insomma non ci voleva granché ad andare sul sito dell’Avvenire e riprodurne la testata senza incorrere nella «bufala» internettiana (ammesso sia tale), né un capo-servizio avrebbe dovuto sobbarcarsi chissà che fatica per verificare l’immagine. A meno che qualcuno non l’abbia fatto e l’unica reazione sia stata una crassa risata.
Minutaglie. Cui però bisogna far seguire un discorso più serio relativo alle «campagne d’odio» che Mario Calabresi annuncia non farà mai e poi mai. Che «faziosità e cultura della divisione... siano responsabili dell’avvelenamento del clima di questo Paese», come spiega il direttore della Stampa, è opinione che si può condividere. Ma è proprio dall’uso improprio delle minutaglie prima evocate che spesso si offre il destro per alimentare l’incendio.
Giusto ieri - a proposito di navigazione su Internet - in un blog firmato da Marco Travaglio si offriva il saporito retroscena del perché il Giornale ha polemizzato con Calabresi: tutto si dovrebbe al fatto che La Stampa ha dato conto dell’irritazione Usa per l’accordo tra Berlusconi, Putin ed Erdogan per il gasdotto South Stream. E infatti - è scritto papale papale - ecco che il premier «ha fatto sparare dai suoi sgherri contro il direttore della Stampa con una volgarità finora sconosciuta financo ai suoi sgherri (sic!), il che è tutto dire». E mica è finita qui. Si chiama in causa chi del Giornale è intervenuto nella vicenda e lo si iscrive alla «gara del servo più servo», al pari dei direttori di tutti i Tg Rai rei di non avere «osato intervistare» l’escort barese Patrizia D’Addario.
Che dall’errorino della Stampa potesse germogliare una simile campagna d’odio Calabresi non poteva supporlo. Che ci possa tornar su, sarebbe il caso.

Una occasione già ce l’ha: invitato a parlare al meeting di Cl in quel di Rimini sul tema caldo della «libertà di stampa sopra ogni altra cosa» potrebbe farci sapere cosa pensa del fatto che un Avvenire truccato finisca per generare grosso Travaglio.

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