la stanza di Mario CerviI papi, il comunismo e un prete di provincia contro Berlusconi

Com'è cambiata la Chiesa! Ieri (per dire nel 1948) gli officianti durante il sermone asserivano che chi avesse votato comunista avrebbe fatto peccato mortale; oggi (per dire, in una chiesa di Potenza) un parroco - ma non è il primo - dopo il sermone ha raccomandato ai fedeli di non votare Berlusconi!
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Caro Mantovani, la Chiesa è sicuramente cambiata, e al cambiamento Papa Francesco dà un contributo che - piaccia o non piaccia - è senza dubbio importante. Ma i due personaggi che lei ha scelto per sintetizzare il cambiamento non mi sembrano appropriati. Anzitutto per la diversità di rango e di rilievo religioso e storico che divide Pio XII, interprete e simbolo della stagione remota cui lei si riferisce, da un parroco di Potenza che è ispirato da meschino settarismo politico e non da valori di fede. Papa Pacelli, angosciato dalla prospettiva d'un dilagare del marxismo ateo nel recinto della cattolicità, volle che l'adesione al comunismo costituisse peccato mortale. Era, la sua, una posizione intransigente, fondata su inequivocabili precetti religiosi. Con il senno di poi, riandando al crollo dell'impero di Mosca, si può pensare - e io penso - che quell'allarme fosse eccessivo. Ma c'è voluta la sfida di Ronald Reagan - che a differenza di Pio XII disponeva di un arsenale terreno ma formidabile - per portare il comunismo alla dissoluzione. Papa Roncalli, che distinse l'errore - la fede comunista - dall'errante - i singoli comunisti - pacificò senza dubbio molte coscienze d'italiani.

Questi ragionamenti ci portano tuttavia su un terreno di grandi eventi storici e politici, di alti dibattiti d'idee, di tormenti spirituali. L'invettiva d'un prete contro Berlusconi, pronunciata nelle sue funzioni di pastore, ha tutt'altra impronta. Piuttosto miserevole.

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