la stanza di Mario CerviL'Onu accoglie Paesi islamici che negano la sua carta dei diritti

I musulmani sono infelici a Gaza, in Egitto, Libia, Marocco, Iran, Iraq, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Siria, Libano. E dove sono felici? In Australia, Canada, Inghilterra, Francia, Italia, Germania, Svezia, Stati Uniti, Norvegia, Olanda, Danimarca. Sono felici in ogni Paese che non sia musulmano e infelici in ogni Paese che lo è. E chi incolpano? Non l'Islam, non i loro leader, non loro stessi. Incolpano i Paesi dove sono felici. E allora vogliono cambiare quei Paesi per renderli simili ai Paesi da dove loro vengono ed erano infelici. Scusatemi, ma c'è qualcosa che non va.
Lechería (Venezuela)

Caro Torre, felicità e infelicità sono parole grosse. È imprudente applicarle agli individui e ai popoli (noi italiani per primi, non essendo musulmani né ospiti di musulmani, ci proclamiamo infelicissimi). Non che il suo ragionamento sia insensato. Rispecchia invece la realtà che vediamo quotidianamente. Limito, per semplificare, l'ambito del confronto da lei proposto. Nei Paesi democratici i credenti dell'Islam hanno garanzie di libertà negate invece, là dove l'Islam ha il potere, anche agli islamici. Da noi gli islamici possono parlare ed esprimere in tutta tranquillità ogni opinione. Nessuno si sognerebbe, da noi, di infliggere un cospicuo numero di frustate a una donna che osa guidare l'automobile. La verità è che i precetti dell'Islam sono la negazione delle libertà fondamentali enunciate nella Magna Charta dell'Onu. La verità è che se davvero l'Onu si impegnasse nel far rispettare quelle libertà fondamentali nessun Paese islamico dovrebbe esservi accolto. Invece là i Paesi islamici siedono tranquillamente, dopo aver precisato che alle libertà fondamentali si attengono solo se non contrastano con la sharia. E la contrastano quasi sempre.

Purtroppo bisogna aggiungere che le masse musulmane non chiedono che siano loro tolti i ceppi d'una religione oscurantista, spesso e volentieri quei ceppi li rivendicano con orgoglio. Dove si vede, per tornare alle parole iniziali, come felicità e infelicità siano espressioni discutibili.

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