Stasera il Bernabeu come Hollywood: da Milano sei scatoloni di messaggi

Stasera il Bernabeu come Hollywood: da Milano sei scatoloni di messaggi

È arrivato il grande giorno. E Ricardo Izecson dos Santos Leite detto semplicemente Kakà può entrare stasera nel «Santiago Bernabeu» a Madrid, la cattedrale del Real, senza provare neanche un po’ di batticuore. Si consegna al suo nuovo popolo in amore (vendute in poche settimane 2 mila magliette, senza numero, non ha ancora compiuto la scelta, al costo di 85 euro) avendo sul petto l’ultima medaglia guadagnata in Sudafrica. È una conquista simbolica, perciò è stata scandita da una festa sopra le righe, sul campo e davanti alla tv, nelle ore successive alla conclusione del torneo. «Dicevano che sarebbe servita agli americani invece la frase di Obama “yes we can” è servita a noi. Ce la siamo detta alla fine del primo tempo quando siamo tornati negli spogliatoi e abbiamo conquistato la vittoria. Il gol di Luis Fabiano dopo 40 secondi ci ha dato tantissima forza» il particolare svelato da Kakà che è diventato ufficialmente il nuovo leader della Seleção.
Con Dunga, lentamente, ma senza cedere mai alla nostalgia nè al dubbio, il Brasile ha abbandonato la strada del «quadrato magico» costituito da Adriano-Ronaldo-Ronaldinho e Kakà, mettendo da parte gelosie e rivalità a stento represse, per adottare quella più razionale e concreta di una nazionale a immagine e somiglianza di Ricardo.
Non è un caso che proprio in Sudafrica, Kakà sia stato eletto figura carismatica del gruppo. È stato lui a guidare i suoi nelle rare uscite private lontano dal ritiro verdeoro. È stato lui a riscuotere il premio di miglior calciatore del torneo. È stato lui a promuovere la riscossa nella seconda parte della finale con gli Usa. È stato lui a firmare un gol fantasma illuminato dalle riprese della tv. Eppure non è stato il miglior Kakà possibile, quello scatenato che da solo o quasi, prese il Milan sulle spalle e lo portò ad Atene dove Pippo Inzaghi completò l’opera nel maggio del 2007. Devastante contro l’Italia, a scartamento ridotto contro gli Usa, anzi in evidente sofferenza nei confronti di qualche eccessiva espressione fisica dei baldi giovanotti americani: sono affiorate alla memoria di alcuni cronisti, le perplessità dello staff di Milan Lab sul futuro fisico del fuoriclasse brasiliano. Leggende metropolitane forse per indorare la pillola di un trasferimento che segnerà la storia dell’ultimo Milan oltre che quella del nuovo Real Madrid.
Florentino Perez, il presidente dello squadrone blanco, gli ha confezionato su misura una presentazione da star del cinema, molto vicina, nella sceneggiatura, a quella apparecchiata l’estate scorsa, dal Milan per Ronaldinho in poche ore: aperto lo stadio Bernabeu, orario gradito alle tv, 20.30 in notturna. Sarà in quella calca infernale che proveranno a farsi largo un paio di cronisti di Telelombardia e Antenna3, partiti in auto da Milano, in compagnia di 11.148 messaggi di affetto e di simpatia nei confronti di Kakà, spediti alle due emittenti e contenuti in sei voluminosi faldoni. Con gli sms e i messaggi e-mail stampati, anche il bandierone della curva Sud colmo di firme e uno striscione. L’iniziativa dal titolo strappalacrime «Kakà ti voglio bene», servirà a tener in vita il cordone ombelicale che ha legato per sei anni il brasiliano al Milan e al mondo dei suoi tifosi.
Kakà non ha avuto dubbio alcuno sulla scelta di Madrid. «È la squadra giusta per me» ha ripetuto eccitato prima di conoscere l’arrivo di Cristiano Ronaldo. È pronto a dividere tutto, tranne che la fama. Ha chiesto qualche consiglio, ha ricevuto indicazioni puntuali. Il primo è stato David Beckham. «Non ti pentirai del Real» gli spiegò nel suo inglese scolastico una sera davanti al camino acceso di Milanello mentre andavano in onda, sul maxischermo del collegio rossonero, le immagini della Liga spagnola. «Al Real troverai tutto quello che lascerai qui al Milan» aggiunse l’inglese. È stato per questo motivo che Kakà ha compromesso il rapporto d’amicizia con Ancelotti e costretto il Milan a una trattativa-trappola. Prima spiegazione: Carletto ha provato fino all’ultimo a suggerire una diversa destinazione al suo cocco, Londra invece che Madrid. Il papà di Ricardo non ha nemmeno risposto al telefono.

Seconda spiegazione: Galliani non ha potuto reclamare una cifra maggiore da Florentino Perez e ha dovuto «prendere» la cifra di 68 milioni di euro per non «lasciare» cadere l’affare. «Voglio vincere un altro Pallone d’oro e la Champions» le altre promesse di Kakà. Gli risulterà meno impegnativa la prima. Madrid è già ai suoi piedi, l’Europa un po’ meno.

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