Roma In tempi di crisi di liquidità e di credit crunch (la stretta del credito che sta strozzando l’economia del Paese) c’è una banca che di liquidità - almeno sulla carta - ne ha in abbondanza se non in eccesso. Il fatto che sia la Tesoreria, quindi la «banca» dello Stato, rende la cosa ancora più bizzarra, soprattutto se si pensa che in giro per il Paese, ci sono, tra famiglie e imprese, creditori verso l’amministrazione pubblica per decine di miliardi di euro.
La materia è complicata, delicata e di difficile lettura. Ma una stima precisa delle giacenze della Tesoreria dello Stato è stata fatta recentemente nel corso di un seminario a porte chiuse.
Nel 2010 erano pari a 461 miliardi e 565 milioni di euro. Tanto per dare una misura, nei conti correnti pubblici c’è una cifra pari a un quarto del Pil - cioè della ricchezza prodotta in un anno - e un sesto dei risparmi di tutti gli italiani. La cifra è piuttosto stabile negli anni, anche se la tendenza è verso una leggera riduzione. Le giacenze erano a quota 498 miliardi nel 2005, sono calate a 444 miliardi nel 2007 per poi risalire di un po’ nell’anno che è appena finito. La Tesoreria è il cassiere dello Stato e il servizio è affidato alla Banca d’Italia. Incassa e paga per conto dello Stato, trasferisce risorse sui conti degli enti pubblici (autonomie locali, Asl, ministeri), che sono tenuti a loro volto a depositarci tutte le loro disponibilità.
Le giacenze sono costituite in larga parte da fondi che non sono direttamente dello Stato. Ci sono, ad esempio, i soldi che gli italiani versano nei conti correnti postali e anche quelli della Cassa depositi e prestiti. Ma per una buona metà sono anche somme ferme conti correnti delle regioni, conti speciali degli enti locali e anche dei ministeri. Fondi che in precedenza gli enti pubblici depositavano anche nelle banche private, ma che poi sono state riportate nella tesoreria, a beneficio delle finanze pubbliche.
Difficile mettere in relazione i crediti dei cittadini e delle imprese nei confronti dello Stato con la cifra monstre delle giacenze, assicurano gli addetti al settore.
I 460 miliardi - spiega un economista - sono una cifra virtuale, soprattutto perché ogni euro che esce dalla Tesoreria pesa sul fabbisogno e si trasforma in debito. Se si dovessero liquidare tutti insieme i creditori dello Stato e degli enti pubblici, insomma, il peso si trasferirebbe sui conti pubblici, anche perché spesso le spese che le amministrazioni pubbliche - in particolare quelle locali - non riescono a coprire, sono fuori bilancio.
È anche vero che la scarsa capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche è un problema noto. Uno studio in via di pubblicazione fa ad esempio le pulci al ministero dei Beni culturali e calcola che la capacità di spesa, sia inferiore al 50% delle cifre stanziate. E che i residui finiscano in oltre 300 contabilità speciali. In tutto quelle gestite dalla tesoreria statale sono circa 3.
800, mentre sono 10mila i conti correnti intestati ad amministrazioni locali ed enti pubblici. Magari, frugando tra i conti correnti pubblici, qualche cifra per pagare i creditori dello Stato e immettere liquidità nell’economia reale si può trovare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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