«Stavolta ammetto: forse con Pirlo ho fatto un errore»

nostro inviato a Bari

Clamoroso a Viareggio: chissà se è merito del ritorno a casa dopo 10 giorni di ritiro francescano, o dei fischi di Bari che hanno intenerito, ai nostri occhi, la sua figura o ancora di qualche inesorabile sondaggio on line. Al ritorno dalla notte del San Nicola, Marcello Lippi è pronto a lasciarsi circondare dal sospetto di aver commesso un errore. L'errore, naturalmente, non è nel giudizio impietoso riservato al tedesco Stark. Anzi, sull'argomento, ha raccolto la solidarietà nient'affatto pelosa del presidente federale Giancarlo Abete neo esponente dell'esecutivo Uefa: il dirigente, noto per i suoi interventi misurati, per la prima volta è apparso infuriato, ha preso atto dell'imbarazzo del commissario arbitrale della Fifa mentre si è scontrato con le sicurezze del fischietto tedesco convinto d'aver fatto bene perchè «gomito alto è sempre uguale a rosso secondo le direttive Uefa». Ma l'errore è un altro. L'errore che molti critici hanno messo nel conto di Lippi, per la prima volta dalla santificazione post Berlino, è stato quello commesso all'intervallo: via Pirlo, protagonista decisivo fino a quel punto della sfida, e dentro Palombo, un altro combattente della vita e del pallone. «Posso anche pensare di non aver fatto la cosa giusta. La decisione l'ho presa sulla base di una sensazione molto netta e precisa: immaginavo che saremmo andati incontro a una ripresa colma di sofferenza fisica e che ci sarebbe stato bisogno di molte vitamine per resistere una partita intera in inferiorità numerica» la franca ricostruzione del Ct. Nell'immaginario collettivo Lippi è sempre passato per un tecnico dotato di un ego smisurato: il titolo mondiale di sicuro, invece, di cementare le sicurezze, deve avergliele ammorbidite. C'è da strabuzzare gli occhi.
Anche perché nel frattempo, Lippi è pronto a mettere in cassaforte quasi tutto di questa prima frazione della qualificazione mondiale. «Quattro vittorie e due pareggi non sono certo da buttar via» la sua sintesi che non tiene conto, ed è bene segnalarlo, delle ripetute assenze patite lungo la strada, tante. «L'aspetto più attraente della sfida con gli irlandesi è rappresentato dalla capacità della squadra, in dieci per tutta la partita, di reggere il confronto» la testimonianza del Ct che pure in Germania non se la passò molto meglio. Due volte rimase in dieci, contro gli Usa (gomitata secca di De Rossi) e contro l'Australia (entrata di Materazzi). «Ma quest'ultima è stata una ingiustizia colossale» la sua stoccata finale a Stark che non comporterà una protesta ufficiale della federcalcio. Abete, appena eletto al fianco di Platini, sarebbe in grave imbarazzo. «Meglio incartare e portare a casa» suggeriscono da via Allegri a Roma, forse pensando con sollievo alla mancata espulsione di Cannavaro, a Podgorica, col Montenegro. «Di sicuro a Pazzini non ho fatto alcun discorso: non ha fatto niente, poverino» il dettaglio passato dal Ct che nel frattempo ha preso il pareggio di Bari come un rimescolamento delle carte. «Adesso dobbiamo temere anche la Bulgaria» ha mandato a dire ai suoi in vista della sfida diretta di settembre.

Nel frattempo possono partire per il Sudafrica a giugno prendendo le misure al mondiale senza lasciarsi incantare dalla sbandata dell'Argentina di Maradona. «Non so com'è andata e non sono in grado di giudicare» la chiosa di Lippi. Giusto così. Per uno che ha ammesso di aver «toppato» contro Trap sul cambio di Pirlo, meglio non mettere il naso in casa d'altri.

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