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Corea del Sud, Parlamento destituisce il presidente Yoon
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La prima stecca di Napolitano

I principi enunciati da Giorgio Napolitano su giustizia e politica sembrano rappresentare una svolta, in senso interventista, dell’attuale Presidenza, che finora si era positivamente segnalata per l’equilibrio con cui garantiva i rapporti politici e istituzionali tra maggioranza e opposizione. Un equilibrio che avevamo apprezzato.
Oggi, però, ci domandiamo se l’intervento del Presidente al Consiglio superiore della magistratura, con il riferimento indiretto ma chiaramente allusivo al caso Forleo, non sia andato al di là dei giusti richiami generali sui limiti che deve avere l’azione dei magistrati e dello stesso Csm.
Non siamo in grado di dire se dal punto di vista tecnico-giuridico la richiesta avanzata al Parlamento dal Gip Clementina Forleo di potere utilizzare in sede giudiziaria le intercettazioni telefoniche con i nomi dei leader Ds D’Alema, Fassino e Latorre sia corretta, scorretta o border-line, per l’accenno esplicito all’ipotesi di reato. Sappiamo però che, per la prima volta - per la prima volta - si è alzato un fuoco di sbarramento su uno specifico provvedimento da parte del ministro della Giustizia e del procuratore generale della Cassazione che è parso trovare legittimazione negli alti concetti del Presidente che ha chiesto di «non inserire negli atti processuali valutazioni non pertinenti».
Le scalate Unipol, Bnl e Corsera dell’estate 2005 sono state parte della torbida riffa per accaparrarsi più potere finanziario da parte della sinistra diessina. Torbida, non perché un partito non possa collegarsi a una qualsivoglia lobby, ma perché in questo caso i leader politici hanno agito clandestinamente secondo le modalità dei più vituperati poteri occulti. In seguito, anche in altre occasioni agli atti di inchieste giudiziarie sono state allegate intercettazioni che riguardavano esponenti politici, e che avevano per oggetto fatti la cui rilevanza penale era ancora da vagliare. Eppure, in quei casi anche recenti non abbiamo udito, dal Quirinale, alcun grido d’allarme.
Non spetta a noi vagliare se quei gravissimi episodi di malcostume politico contengano anche reati. Ma siamo convinti che sia interesse degli stessi politici chiamati in causa agevolare le procedure giudiziarie nel loro corso affinché possano giungere senza ostacoli all’accertamento della verità. Per questo plaudiamo senza riserve al richiamo generale del Presidente che si appella «alla massima serenità e riservatezza nello svolgimento di tutte le funzioni proprie dell’autorità giudiziaria».

Ma osserviamo anche che, nonostante le precisazioni diffuse dai portavoce del capo dello Stato, non c’è stato giornale, ieri, che non abbia interpretato quel passaggio del discorso del Presidente come un altolà alla Forleo. E questo non giova né al rapporto politica-giustizia né all’affermazione delle garanzie istituzionali a cui siamo tutti devoti.
m.teodori@mclink.it

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