Stefania Rocca: «Mafalda, donna prima che principessa»

La bella attrice entusiasta del suo personaggio, l’infelice figlia di Vittorio Emanuele III che morì nel lager di Buchenwald nel 1944

Paolo Scotti

da Roma

È proprio vero: a volte la realtà è meglio d'un romanzo. Prendete la vicenda di Mafalda di Savoia. Quale sceneggiatore, per quanto abile o spericolato, avrebbe saputo idearla? Romantica, avventurosa, tragica. E autentica. Era fatale che l'infelice vita della sfortunata secondogenita del re Vittorio Emanuele, finisse in fiction. Ed era inevitabile che la fiction, sempre alla ricerca di soggetti appassionanti, che sollecitino memorie e sentimenti in un pubblico prevalentemente anziano, traesse dall'oblio (dopo la regina Maria José e la figlia del Duce, Edda) un'altra tragica figura del ventennio fascista. Mafalda, appunto.
«Conoscevo poco la vita di questa donna meravigliosa - confessa Stefania Rocca, interprete di Mafalda di Savoia, il coraggio di una principessa» (in onda martedì e mercoledì su Canale 5) - e mi sono stupita che la sua storia mancasse dai libri storici. Poi ho capito il perché. Più che una principessa, Mafalda è stata soprattutto una donna. Anche chi l'ha conosciuta me l'ha confermato: venne educata molto semplicemente, e sviluppò un carattere modesto, affettuoso, allegro. Amava ballare, anche se il tifo contratto da piccola le creava difficoltà nel camminare, era piena di voglia di vivere. E nei momenti più duri rivelò una forza di carattere e un coraggio sorprendenti». La fiction, prodotta da Angelo Rizzoli e diretta da Maurizio Zaccaro, è interpretata anche da Joan Brandrup (il principe d'Assia) e Amanda Sandrelli (Esther ,migliore amica della protagonista). Nonchè, curiosamente, nel ruolo di una delle sorelle di Mafalda, Giovanna, da un'autentica esponente di casa Savoia: l'attrice francese Clotilde Coureau, che quattro anni fa sposò Emanuele Filiberto, figlio dell'ex erede al trono d'Italia, Vittorio Emanuele. Le due puntate seguono passo passo l'evolversi d'un dramma incredibile. Le nozze regali tra Mafalda, la prediletta delle figlie del re d'Italia, e il principe tedesco Filippo d'Assia «furono infatti un rarissimo caso di matrimonio d'amore». E forse, proprio per questo, destinato a finir male.
«All'indomani del cambio di fronte dell'8 settembre ’43, che trasforma i tedeschi da amici in nemici, Mafalda si trova infatti in Bulgaria, dove nonostante il pericolo s'è recata per i funerali del marito della sorella, re Boris. Sempre sfidando la sorte, decide di passare poi per l'Italia, per ricongiungersi ai figli. Ma Hitler, che s'è visto sfuggire di mano tutti i “traditori” di casa Savoia, dà ordine di arrestarla. Il destino di Mafalda è segnato. Per vendetta sarà deportata al campo di sterminio di Buchenwald , dove verrà rinchiusa nel recinto delle prostitute, rimarrà orribilmente ferita in seguito ad un attacco aereo alleato, e morirà dopo essere stata sottoposta ad una cruenta amputazione del braccio». Vittima e capro espiatorio, la principessa rimane però «ricca di umanità e dignità. Lo riconosceranno anche i marinai italiani che, deportati con lei, dall'iniziale animosità antimonarchica passeranno ad una sbalordita ammirazione. E contribuiranno a farne ritrovare il corpo, a guerra finita».
Innamorata del suo personaggio, Stefania Rocca non teme che anche per Mafalda, come già per Edda, qualcuno possa gridare al «revisionismo delle fiction». «Noi non esaltiamo né condanniamo la monarchia. Raccontiamo semplicemente la storia di una donna che ha molto amato, e molto patito».
E poi c'è l'interesse per una figura reale esistita, ma poco nota: «Ed è bello che la fiction si occupi anche di personaggi ingiustamente dimenticati». Non a caso, la principessa Maria Gabriella (nipote di Mafalda) ha pubblicamente lodato film e interprete. Rimane una curiosità.

La collega Clotilde Coureau ha passato alla Rocca qualche «ricordo di famiglia», ricevuto grazie alla parentela acquisita? «No. Anche Clotilde sapeva poco della sua lontana parente. Ma entrambe siamo convinte che in casa Savoia le figure femminili siano state spesso straordinarie».

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