Per stendere il Psv Mancini sogna il primo gol di Ibra

Il tecnico vuol recuperare lo svedese e Dacourt. "All’Inter chiedo un’impresa e scaltrezza". E con Koeman c’è un vecchio conto da saldare

Per stendere il Psv Mancini sogna il primo gol di Ibra

nostro inviato
ad Appiano Gentile
Il ritornello comincia a dar fastidio: l’Inter è squadra per il campionato, non per la coppa. E il Fenerbahce conferma. Or che tutti rivedono la Nerazzurra in testa alla classifica, non resta altro per mettere un po’ di pepe sul buon umore di Mancini. E lui non si nega. Certo, Spalletti sa stimolarlo di più, ma anche il ricordo dei buchi nell’acqua in coppa gli fanno raggrinzire il viso. Ed allora ieri, prima delle ammissioni («Contro il Psv ci vuole una bella impresa»), gli è toccato ricordare al colto e all’inclito che «l’Inter da cento anni gioca nelle coppe. Si può perdere, d’accordo, ma è assurdo dire che non è abituata a giocare in Europa».
Pronti via con l’Inter di Champions che non è quella di Roma, con Ibra pronto a giocare, ma con il cruccio del gol che in Europa non gli vien facile. Anzi non gli vien per niente. «Solo una casualità e non parlate di problemi psicologici», chiude secco il tecnico. Via con la seconda manche di coppa e con l’angoscia di non ripetere in carta carbone gli errori dell’anno passato: due sconfitte subito eppoi fu un bel rimboccarsi di maniche. «Stavolta sarebbe un problema vero, il girone sarà equilibrato fino al termine. L’anno scorso il Bayern vinse tutte le prime gare e la media punti per arrivare secondi si abbassò». I problemi dell’Inter sono uno e millanta. Deve star fuori una squadra intera (tra squalificati, infortunati ed esclusi dalla lista) e quella che andrà in campo non starà proprio bene.
Gli assenti potrebbero vincere la partita: il portiere Alfonso, Maicon, Cordoba, Materazzi, Rivas, Burdisso, Pelè, Vieira, Cesar, Cruz, Adriano. I presenti dovranno vincerla. L’allenatore garantisce che Ibrahimovic e Dacourt faranno di tutto per esserci. Gli altri si adegueranno alla necessità: segnare subito ed evitare trappole. «Il Psv fa tanto possesso palla e in attacco ha uomini molto veloci» ha raccontato Zanetti. «Servirà molta attenzione, non timore. Dovremo essere scaltri», ha sintetizzato il tecnico.
Serviranno la testa e il cuore di quell’Inter che ha battuto la Roma, magari ispirata da un modulo più tradizionale. Mancini ripete la nenia che ogni allenatore usa dire in questi casi: «Si può giocare con due o tre punte, ma soprattutto conta l’interpretazione della partita». Il Psv potrebbe riproporre le difficoltà promesse e non mantenute dalla Roma. Obiezione accolta: «In un certo senso le due squadre si somigliano. In fase offensiva hanno giocatori abbastanza simili: non puoi attaccarli, perché si muovono in continuazione e non danno riferimenti. Non hanno gli stessi schemi dei romanisti, che ormai giocano a memoria, però schierano tre attaccanti molto bravi e tecnicamente veloci». Fatto il disegno del Psv, servirà la gomma per cancellare le sue aspirazioni. L’allenatore conta almeno su tre fattori: la migliorata condizione fisica, forza e morale provocati dall’ultima vittoria e naturalmente Ibra che, probabilmente, farà coppia con Crespo. «Un grande giocatore ha sempre grande influenza sulla squadra: contano personalità e forza d’urto. E vedrete che farà gol». Un’idea che forse è una speranza, magari un’intuizione.
Inter e Psv si sfidano per la prima volta, il bilancio nerazzurro contro le olandesi è in perfetta parità (5 vittorie, 5 pareggi, 5 sconfitte). Sulla panca avversaria ci sarà Ronald Koeman che per Chivu, Ibra e Maxwell è solo un ex allenatore, per Mancini la bestia nera della sua vita calcistica. Segnò il gol decisivo nella finale di coppa campioni fra Sampdoria e Barcellona. «Mi sono dimenticato di quella partita», ha cercato di scherzare il tecnico. Impossibile. Poi ha subito ammesso a se stesso. «Quella sconfitta fu il più grande dispiacere della mia carriera.

Per riprendersi da uno smacco del genere servono almeno quattro-cinque anni. Per noi della Samp aveva un valore particolare, era la prima finale tanto importante e forse l’ultima». Pessimista, c’è sempre l’Inter per rimediare. Salvo non abbia ragione chi gli canta quel fastidioso ritornello.

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