Stipendi, il governo non taglia: teme la vendetta in Aula

Roma«I partiti non sono usciti di scena», ha detto il premier Monti in un’intervista a Le Figaro. Questo è il periodo più opaco per le forze politiche italiane, ma Monti sta bene attento a non tirare troppo la corda. Perché sono loro, i partiti, che in qualsiasi momento potrebbero «staccare la spina», anche se, ha aggiunto il premier, è difficile che qualcuno prenda questa azione «con leggerezza». E forse per questo ieri mattina alla lettura dei giornali Monti deve aver avuto un sussulto quando ha letto il titolo di Repubblica: «Onorevoli, tagli entro gennaio o interveniamo». Questione delicatissima, perché come tagli si intendono le riduzioni che i parlamentari dovrebbero applicare ai loro stipendi dopo i dati arrivati, seppur in maniera lacunosa, dalla commissione Giovannini. Il gruppo di esperti ha confrontato le indennità e le entrate accessorie degli onorevoli italiani con quelle dei colleghi europei.
Non è dato sapere se Monti l’abbia davvero detto o pensato, ma quello che è certo è la sonora smentita inviata al quotidiano di Ezio Mauro, diramata in mattinata con un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi: per gli interventi sugli stipendi dei parlamentari «la competenza appartiene alle Camere e non esistono poteri sostitutivi» da parte del governo, anche in caso di «inerzia» del Parlamento.
La tesi avanzata ieri da Repubblica è in pratica che se Montecitorio e palazzo Madama non troveranno un accordo entro il 31 gennaio sui fatidici tagli, il governo interverrà manu militari.
Tolta ai partiti anche la prerogativa di decidere almeno delle cose loro, stipendi in primis, la rivolta della politica contro Monti sarebbe però fulminea e mortale. Il presidente del Consiglio ne è ben consapevole. Prosegue quindi la smentita di Palazzo Chigi: «In relazione al titolo di un quotidiano secondo il quale, in caso di inerzia del Parlamento in merito ai trattamenti economici dei senatori e dei deputati, interverrebbe il governo, la Presidenza del Consiglio fa sapere che la competenza appartiene alle Camere e non esistono poteri sostitutivi in materia». Il governo potrà agire, per quanto gli compete, su enti e organismi statali.

Non certo sulle indennità, alle quali devono lavorare i singoli gruppi per portare al presidente del Senato Schifani e della Camera Fini una serie di proposte, si spera in tempi ragionevoli. L’unico che chiede un’azione decisa del governo è Antonio Di Pietro, che ha scritto a Monti una lettera in cui appoggia la linea di «intervento immediato» dell’esecutivo «con provvedimenti legislativi urgenti».

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