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Stop dei vescovi all’Unione: no alla poligamia

da Roma

Libertà religiosa, certo. Ma attenzione ad un «malinteso multiculturalismo» che potrebbe attentare al matrimonio, com’è inteso dalla Costituzione. Il segretario generale della Conferenza episcopale, monsignor Giuseppe Betori, parla alla commissione Affari costituzionali della Camera e avverte che la poligamia è un «problema reale che non deve essere sottaciuto o minimizzato». Una critica esplicita alle inopportune aperture in questo senso che vede nella legge sulla libertà religiosa, che approderà nell’aula di Montecitorio a metà febbraio.
«Il matrimonio poligamico - avverte il vescovo, nella prima delle audizioni previste con i rappresentanti delle varie religioni - non può essere in alcun modo riconosciuto, in quanto la libertà di stato è condizione necessaria per contrarre matrimonio e l'ordinamento punisce il reato di bigamia». Le «perplessità» di Betori sul testo che ha come primi firmatari Valdo Spini dell’Ulivo e il Verde Marco Boato, riguardano l'articolo 11 che prevede la possibilità di scegliere se le norme del codice civile riguardanti il matrimonio siano lette durante il rito o al momento della richiesta delle pubblicazioni. Così sarebbe facoltativo informare gli sposi, durante la cerimonia, su diritti e doveri dei coniugi secondo la legge italiana. E questo, per il numero due della Cei, renderebbe più facili gli equivoci sulla poligamia. Soprattutto, perché la norma «viene oggi ad essere riferita a una platea di soggetti confessionali ben più vasta che in passato, alcuni dei quali professano e praticano di fatto, con convivenze plurime oppure celebrando più matrimoni religiosi, esperienze di matrimonio poligamico radicalmente estranee e confliggenti col modello di matrimonio e famiglia proprio della nostra tradizione culturale e del nostro ordinamento costituzionale e che comportano una grave violazione della dignità femminile».
Betori chiede «ulteriori approfondimenti», precisando che non critica la «legittimità» ma piuttosto l’«opportunità» di una simile disposizione. Il braccio destro del cardinale-presidente Camillo Ruini concorda sulla necessità di una legge sulla libertà religiosa che superi l'attuale normativa sui culti ammessi risalente al periodo fascista, ma invita ad evitare «ingiustificate forme di cedimento» a «dottrine e pratiche» che «suscitano l'allarme sociale» o addirittura «in stridente contrasto con l'indirizzo politico che lo Stato persegue». Non si tratta della singola posizione di un vescovo, ma di quella ufficiale della Cei di fronte alla stessa Commissione che oggi proseguirà il giro delle consultazioni ascoltando i membri della Consulta islamica italiana, che in questi giorni si sono confrontati proprio sulla poligamia, alcuni avversandola altri difendendola.
Negative sono le prime reazioni alle parole di Betori di rappresentanti delle comunità ebraiche e valdesi che vedono nel discorso un attentato al principio della parità dello Stato di fronte alle diverse fedi. Mentre il Ds Spini è «soddisfatto» e sorvola sulle critiche sottolineando che Betori concorda sulla necessità di una nuova legge, Boato insorge contro la «campagna ideologica» dei mass media, Corriere della Sera in testa, che presenta la legge come un’apertura alla poligamia. «Questo testo - spiega - è identico al testo presentato dal precedente governo Prodi e a quello presentato dal governo Berlusconi. La poligamia non la vuole nessuno di noi».


Ma Fi, An, Udc e Lega condividono le preoccupazioni della Cei e il «vademecum» presentato da Betori, dicono no alla poligamia introdotta di straforo nella legislazione e no al pericolo di «islamizzare» la società. «Il rischio di una surrettizia legittimazione della poligamia - avverte l’azzurra Isabella Bertolini- è assolutamente reale». Replicano dall’Italia dei Valori: «Cdl fondamentalista».

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