La storia Lucho, da fuori rosa a eroe di notte, titolare per caso anche oggi

La storia Lucho, da fuori rosa a eroe di notte, titolare per caso anche oggi

(...) dopo il sogno di una notte di mezza estate (mai citazione fu più adatta al caso in questione), Lucho torni comunque in Argentina. Probabilmente, al Rosario Central e con tutti i soldi del contratto rossoblù, fino all’ultimo centesimo, come preteso dal giocatore e soprattutto dal suo agente, il papà. Insomma, nessuno del Genoa «deve scuse» a Lucho. Nessuno del Genoa l’ha trattato male. Nessuno del Genoa ha debiti con lui. Al limite, se c’è qualcuno che è in credito, è proprio la società che l’ha sempre sostenuto.
Ma questi sono solo sprazzi di prosa, nemmeno delle migliori, in una storia che invece è poesia pura. E oggi potrebbe scrivere qualche altro verso: perchè, complici le assenze di Floccari, Palladino, Jankovic e il lento recupero di Crespo - convocato, ma non ancora al meglio - è facile che Lucho giochi di nuovo titolare nell’esordio in campionato con la Roma.
Fin qui, non ci sarebbe moltissimo di strano. Una riserva gioca perchè gli altri sono infortunati, capita. Ma questa è un’altra storia: perchè Figueroa è lo stesso giocatore che, nelle scorse settimane, si sarebbe dovuto allenare da solo a Pegli, mentre il resto della squadra sudava sul campo di Acqui Terme e solo il fatto che il terreno di Acqui fosse in condizioni impresentabili ha ricongiunto Lucho con il resto dei compagni. Ma anche perchè Figueroa è, potenzialmente, il talento più grande arrivato al Genoa negli ultimi anni, secondo alcuni più di Milito e Thiago Motta. Ma anche perchè Figueroa è il giocatore beniamino della Nord, per cui l’urlo «Lucho Lucho» è qualcosa in più di un semplice coro di incitamento. Ma, a tratti, è un imperativo categorico, come quella volta che la Gradinata quasi costrinse Gasperini - solitamente allergico a questa roba - a farlo entrare per una decina di minuti nella prima partita della Coppa Italia dell’anno scorso, quella con il Mantova. Ma anche perchè Figueroa, alla fine, era stato proprio il Gasp a non volerlo più, come sempre in accordo con la società.
Eppure, nonostante tutti gli infortuni, nonostante la sfortuna sempre in agguato dietro una zolla o dietro la gamba di un avversario come un brigante di strada, Lucho lo scorso anno era finito al Boca Juniors, che non è propriamente una squadretta da oratorio. Lucho non è di quelli alla Roman o alla Domingo, per restare in campo rossoblù, o alla Bottinelli o alla Fornaroli, per citare due blucerchiati, che fanno impazzire i direttori sportivi che devono venderli, come figurine di improbabili album ormai in disuso. Lucho, in Argentina, ha ancora un nome.
Il problema è che, fino all’altro giorno, ce l’aveva solo lì. E Lucho - come tutti i fuori rosa o quasi - era una specie di rimpianto vivente, un ex grande giocatore ed ex grande speranza rossoblù che sembrava tristemente destinato a diventare un ex e basta. Senza ulteriori precisazioni.
Poi, proprio perchè il destino è il destino, capace di riservare la nemesi persino a se stesso, gli infortuni a ripetizione degli attaccanti genoani. Poi, perchè il destino è il destino, Gasperini costretto a schierarlo, magari non entusiasta, titolare nella partita contro l’Odense, il ritorno del Genoa in Coppa dopo 17 anni, non una partita qualsiasi. Poi, perchè il destino è il destino, un primo tempo incolore, capace di strappare alla maggior parte degli osservatori - non alla Nord, ma quella è una storia d’amore e le storie d’amore non fanno testo - sorrisetti di sufficienza e rimpianti per uno qualsiasi dei quattro attaccanti assenti.
Poi, però, alla fine, lo splendido primo gol. La seconda rete di rapina.

E la nobiltà di Gasperini che magari non lo ama, ma ha avuto l’intelligenza e la sensibilità di regalargli la standing ovation, con il Ferraris in delirio. Perchè il destino è il destino.
E questa, contro la squadra della città di Andersen e della Sirenetta, è una storia da Genoa. Molto da Genoa.

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