Storia d'assalto

Colossus, Little Fortune e italiani brava gente nel primo “raid” dei diavoli rossi

Nel 1941 paracadutisti alleati si lanciarono sull'Italia nell'operazione Colossus: il sabotaggio di un acquedotto vitale per i porti strategici delle Puglie

Colossus, Little Fortune e italiani brava gente nel primo “raid” dei diavoli rossi

Febbraio 1941, nella notte aerei nemici sorvolarono i cieli dell’Italia meridionale, alcuni colpiscono con le loro bombe obiettivi secondari, di poco conto, nelle Puglie e nei pressi di Avellino. Sembra una missione priva di senso; un errore di valutazione, si penserà all'alto comando; ma non è niente di tutto ciò. Quella di una coppia di bombardieri sganciatisi dal gruppo principale era solo un’operazione diversiva per confondere le acque mentre nei cieli della Lucania un raggruppamento di commandos si lanciava con un solo e unico obiettivo: distruggere l’Acquedotto Pugliese e minare le risorse idriche di un’intera regione strategica in quello che diverrà noto come “il ventre molle dell’Europa”, secondo Churchill e i suoi delfini del Soe. Colpire ovunque si possa per minare il morale dell’avversario, senza risparmiare i colpi più bassi nella ricerca della vittoria a tutti i costi; sarà quella d'ora in avanti la missione dei commandos.

È per dare inizio a questo progetto che una squadra di sabotatori composta da membri dello Special Air Service e dei Royal Engineers, si è lanciata da bombardieri Whitley nei pressi di un viadotto eretto sul torrente Tragino, al confine tra Campania e Basilicata. Devono minare la struttura, farla saltare in aria, e così privare dei rifornimenti d'acqua dolce i porti strategici di Taranto, Brindisi e Bari. L'Operazione prende il nome in codice di "Colossus" e l'unità mista che si è unità nella cosiddetta "X Troop": prima formazione militare britannica a prendere parte in un'azione militare lanciandosi con il paracadute.

Una volta portata a termine la missione - basata su informazioni acquisite tramite una ditta privata che aveva collaborato alla costruzione di questa opera idrica straordinaria per la sua epoca, la George Kent & Sons - i commandos si sarebbero ritirati verso la costa, puntando la foce del fiume Sele dove cinque giorni dopo un sottomarino, l'Hms Triumph, li avrebbe prelevati per portarli a Malta.

Isola fortezza dalla quale erano partiti con particolari dotazioni che faranno scuola. È infatti questo uno dei primi raid di commando operati dietro le linee che indusse Londra a prendere necessarie accortezze per i suoi soldati, come la dotarli di valuta locale, 50mila lire cucite nei colletti della camicia, e mappe dell'Italia stampate su foulard di seta cucite nelle fodere delle maniche delle loro battle dress. Le stesse accortezze verranno prese per i piloti inviati in missione sui territori occupati. Piloti di bombardieri, da caccia, o degli aerei che trasportavano le spie proprio per il Soe.

Una mera missione di disturbo

Tanto vale chiarire subito che la missione, di indubbia audacia, a maggior ragione perché i parà si lanciarono dalla temeraria altitudine di soli 120 metri, si concluderà in un fallimento abbastanza eclatante: con un gruppo di paracadutisti lanciati fuori la zona designata; la perdita di buona parte dell'esplosivo e dell'equipaggiamento lanciato negli appositi contenitori; l'amara scoperta che il viadotto del Tragino, "fiume “nascosto” della Puglia, lungo ben 244 chilometri "era stato eretto dove serviva in solido cemento armato; e con la cattura di tutti commandos inglesi, che nel corso dell'azione senza esito - i danni all'acquedotto furono limitati - uccisero due civili italiani armati. Si annoti inoltre che, a causa di avaria/danno ai motori, uno dei bombardieri inglesi comunicò via radio di tentare un ammaraggio proprio nei pressi del punto scelto per il rendez-vous che avrebbe portato a termine l'esfiltrazione del commando. Per tale ragione, la missione di recupero del sottomarino venne annullata dato il rischio che la segretezza della missione fosse stata compromesso. O altre ai commandos venisse catturato anche il sottomarino.

Questa storia di guerra, nonostante illustri il preludio di tutte le operazioni aviotrasportate condotte dagli Alleati nel corso dell'intero conflitto, è comunque un pretesto per raccontare la vicenda dell'idealista Fortunato Picchi, Little Fortune, come lo chiamavano gli inglesi, e la condotta onorevole del generale Nicola Bellomo; che dopo essersi fatto consegnare come segno di resa la pistola dell'ufficiale inglese più alto in grado, una Colt M1903 "pocket", mise sotto la sua protezione i 35 prigionieri che rischiavano d'essere linciati da una folla dei civili inferociti che invocavano un'esecuzione sommaria, da consumare all'istante, per vendetta. Il possesso di quella pistola, tenuta come particolare arma d'ordinanza, tornerà bruscamente nella storia del generale del Regio Esercito, che sarà fucilato dagli stessi inglesi nel 1945.

Lo chiamavano Little Fortune

Quando il controspionaggio italiano interrogherà gli inglesi catturati, un uomo meno giovane degli altri balzerà subito all'occhio. Si era spacciato per francese, ma rispondeva in vero al nome di Fortunato Picchi. Gli inglesi però lo chiamavano "Little Fortune", era veterano della Grande Guerra, ed un esule antifascista che si era trasferito a Londra, dove lo si poteva incontrare nello splendido Hotel Savoy, impegnato a ricoprire il ruolo di responsabile di sala durante i banchetti. Internato in Canada come tutti gli italiani allo scoppio della guerra, Picchi era stato "rivalutato" dallo Special Operation Executive impegnato a formare delle cellule di "inglesi d'importazione" che potessero operare dietro le linee grazie alla loro padronanza della lingua parlata dal nemico.

Little Fortune, narrato come un "mite cameriere quarantenne" non ci pensò due volte ad arruolarsi nelle nuove forze speciali inglesi, sentendosi "più inglese degli inglesi", come scriveranno nel suo dossier di valutazione i cacciatori di teste del Soe. Tuttavia, per quanto lui potesse sentirsi inglese, restava pur sempre un italiano con un uniforme nemica indosso. Per il controspionaggio è semplicemente un traditore, e come tale deve finire davanti a un plotone d'esecuzione.

Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato lo vedrà infatti colpevole di "tradimento e connivenza con il nemico", condannandolo a morte. La pena verrà eseguita il 6 aprile dello stesso anno presso il Forte Bravetta di Roma. Nella lettera indirizzata alla madre, Picchi scriverà: “Mi dispiace cara mamma per voi e per tutti .. di morire non mi importa gran cosa, della mia azione mi pento perché proprio io che ho voluto sempre bene al mio Paese debbo oggi essere riconosciuto come un traditore. Eppure io in coscienza non penso così". A margine della lettera, un semplice "Viva l'Italia" anticiperà di molto l'epilogo degli ultimi pensieri strazianti di tanti uomini destinati all'esecuzione per aver cospirato contro il potere vigente. Little Fortune, come altri, non troverà sepoltura. Le spoglie perdute, il ricordo svanito per anni. Saranno il tempo e il cambiare del vento a dare ragione all'atto di coraggio di un cameriere tranquillo, che poteva restarsene in disparte.

Rendendolo un patriota della Repubblica e della Corona.

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