Strage di Bologna, a Budapest prove sugli arabi

Presto potrebbe essere ascoltato un cittadino veneziano legato al gruppo «Separat»

Strage di Bologna, a Budapest prove sugli arabi

Gian Marco Chiocci

da Roma

Se sulla strage di Bologna non è mai stato apposto alcun segreto di Stato, persistono invece altri due sigilli che vanno a supportare la «pista araba» per la bomba alla stazione del 2 agosto 1980: un primo segreto impedisce la conoscenza dell’accordo tra Italia e i palestinesi del Fplp, un secondo è invece collegato ai trasporti di armi ed esplosivi di gruppi terroristici arabi. Ciò serve a capire come la riapertura a Bologna di una nuova inchiesta che punta verso il Medioriente e la rete Separat del superterrorista Carlos, possa portare lontano. Allo stato delle nuove prove raccolte in queste ore dalla commissione Mitrokhin in trasferta in Ungheria, si delineerebbe con sempre maggiore chiarezza una holding terroristica eterodiretta da Mosca, con Carlos «braccio operativo» e Gheddafi «mente finanziaria».
La documentazione raccolta e gli incroci sin qui effettuati porterebbero a suffragare l’ipotesi di una strage voluta per ritorsione alla violazione dell’accordo bilaterale fra «soggetti istituzionali» italiani e i vertici del Fplp (movimento marxista-leninista diretto da Wadi Haddad, «agente di influenza» del Kgb secondo il report Impedian), accordo peraltro non smentito dalla recente intervista di Carlos al Corriere della Sera. Stando agli atti dell’inchiesta del giudice Carlo Mastelloni sui traffici d’armi fra Olp e Br, proprio per scongiurare attentati nel nostro Paese il «patto» ottenne la benedizione di Aldo Moro all’indomani della strage del 17 dicembre 1973 a Fiumicino. Il 7 novembre 1979, però, gli arabi considerarono tradito quel patto a causa - è sempre Carlos che ne dà conferma - del sequestro a Ortona dei missili Strela e all’arresto di tre esponenti dell’Autonomia operaia (Pifano, Nieri e Baumgartner) di un marittimo (il siriano Nabil Kaddaura già fermato in Grecia con 200 chili di tritolo) e del rappresentante in Italia dell’Fplp (il palestinese Abu Anzeh Saleh) considerato organico al gruppo Carlos nonché uomo vicino agli 007 italiani, come ammesso al Corriere dallo stesso Carlos («Saleh manteneva contatti con i Servizi italiani, per noi l’Fplp era l’organizzazione madre, unita a noi da relazioni politiche e personali»). La condanna a sette anni di Saleh - il cui indirizzo bolognese verrà rintracciato fra i documenti del terrorista di Separat, Michel Walid, quale recapito per rintracciare granate e dinamite - fece da detonatore a una violenta crisi politica. Nel gennaio del 1980 il direttore del Sismi rischiò la destituzione per aver nascosto a Palazzo Chigi la «connection araba» che dal Libano passava per Ortona e finiva dritta a Carlos, come si evince da una carta ungherese trasmessa alla procura di Roma sulla «lista della spesa» di armi ed esplosivi compilata proprio dallo «Sciacallo», con in cima i missili di Ortona. Se gli arabi protestavano per la violazione dell’«accordo», Cossiga protestava coi Servizi che si dissero di avere sempre accontentato l’Fplp per evitare guai peggiori. A ridosso delle stragi di Ustica (27 giugno) e Bologna (2 agosto) nonché del processo d’appello per Saleh (11 luglio) venne lanciato un ultimatum con minacce di ritorsione, segnalato in più informative dal capo dell’Ucigos, Gaspare De Francisci. Ritorsioni di cui Carlos era un habitué visto com’era solito piazzare tritolo sui treni Tgv.
Arriviamo così agli 85 morti del 2 agosto 1980. Un mese dopo parte il depistaggio del Sismi con un’intervista sul Corriere del Ticino al leader del Fplp, Abu Ayad, che sposta l’attenzione dalla pista araba alla pista dei bombaroli neofascisti addestrati in campi palestinesi. Per i giudici è «il momento iniziale del depistaggio» che porterà poi alla nota operazione «terrore sui treni» organizzata dai nostri Servizi (in una pagina dell’agenda del generale Santovito si legge della volontà di depistare la strage verso ambienti della destra), e che trova riscontri nelle carte visionate ieri dai commissari della Mitrokhin a Budapest a proposito dei viaggi di armi ed esplosivi di Carlos in Italia nel 1984 proprio a ridosso della strage del «rapido 904», peraltro già attribuita a Carlos in un rapporto della Stasi del 18 gennaio 1985.
Quel che poi la commissione Mitrokhin ha scovato a Budapest sono i riscontri al ruolo sempre più «operativo» del braccio destro di Carlos, il tedesco Thomas Kram, esperto di esplosivi, arrivato a Bologna la notte precedente la strage e ripartito l’indomani mattina, subito dopo la strage. Il 30 luglio a Ponte Chiasso la polizia gli trovò una corrispondenza con una certa «Heidi», alias Margot Frohilich, che dopo aver piazzato una Opel col tritolo sotto il giornale Al Watan al arabi a Parigi, nel giugno 1982 verrà fermata a Fiumicino con una valigia di tritolo assolutamente compatibile con quello utilizzato a Bologna. Sempre da Budapest arriva poi la riprova che Kram, il 2 agosto, riparò velocemente in Ungheria dove Carlos aveva una base sicura insieme alla Frohilich, entrambi in forza alle alle Cellule rivoluzionarie di Johannes Weinrich, legato a Carlos per l’attentato all’aereo della El Al a Orly nel ’75. Con gli ultimi due avrebbe agito un cittadino veneziano che nelle prossime ore potrebbe essere convocato in procura. Tutti farebbero parte della rete Separat eterodiretta dal Kgb, di cui sarebbe stata una pedina un alto funzionario della Cia, in servizio a Roma nell’anno della stragi, successivamente arrestato perché scoperto nel doppiogioco con Mosca.

«Siamo alla svolta - spiega Enzo Fragalà di An - fra queste carte ci sono sia le prove dei legami fra Carlos, le Br la Stasi e i Servizi ungheresi. E poi riscontri sul patto fra i nostri vecchi 007 e gli arabi, una pista che porta dritto a Bologna... ».

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