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La strage degli innocenti: nello schianto morti 22 bimbi

Diffusa la lunga lista dei nomi delle vittime. I parenti la scorrono e tremano quando leggono l’indicazione «niño». Ci sono anche due neonati. Una nonna piange: «Dov’è Maria?»

Il giorno dopo la calma è solo apparenza. Il silenzio che aleggia è surreale. L’aeroporto ha ripreso a funzionare. Tutto si muove sottotono. Davanti alla Spanair i passeggeri in fila. Aspettano il loro turno, pazienti e composti. Non hanno fretta. Il pensiero scivola di soppiatto verso quel volo maledetto. Si scacciano i pensieri cattivi, è successo ieri non può succedere ancora. Si cerca coraggio. Si sale. Si decolla. Via. Oggi è un’altra storia. Oggi resta solo il dolore, il ricordo atroce di quei passeggeri, le immagini atroci di corpi bruciati. E restano i nomi. Centocinquantatré nomi, uno dietro l’altro, scritti in stampatello, una colonna che non sta in una pagina, nomi di mariti e mogli, di sorelle e fratelli. Paco Duque, uno psicologo di Madrid che sta aiutando i parenti delle vittime dice: «Quando così tanti bambini muoiono il dolore è molto più traumatico. È contro natura. E il senso di impotenza diventa enorme».
Scorre il dito. Per 22 volte, accanto al nome c’è la scritta bambino tra parentesi. Sono le piccole vittime dell’Md82. C’è anche il piccolo Ethan Charilas, il bambino che volava con il padre e l’amico Domenico Riso, la vittima italiana.
Il volo JK5022 per Las Palmas era il viaggio delle vacanze. A bordo erano quasi tutte famiglie con bambini piccoli, piccolissimi. C’erano due neonati che ora stanno sulla lista. Uno ha già un nome: Isaac Dominguez, dell’altro si sa solo che viaggiava sulle gambe della mamma: Somara Hernandez, anche lei sulla lista. Poi ci sono Alfredo Costa Mendiola, i fratellini Jorge e Miguel, Maria, Lucas, i fratellini Jorge e Raquel. Viaggiavano con i genitori verso il mare.
Poi c’è un altro foglio. È la lista dove tutti i parenti sperano di ritrovare il nome dei propri cari. Una lista completa, con le iniziali del nome e cognome, l’età, il sesso. Una lista che circola sui siti dei giornali on line spagnoli. Quattro di loro vengono classificati «molto gravi». E sei «gravi». È lì che Virginia Carretero ha ritrovato Roberto, 6 anni che era partito con la sorella di 16 per raggiungere i genitori. Posti 6A e 6B. È vivo, gli hanno detto dall’ospedale. Sotto sedativi ma sta bene. «E Maria»? Chiede tra le lacrime. Nessuna risposta. «Maria non c’è». Al momento non si trova. «Ha i capelli neri e una borsetta - dice la nonna disperata - magari non è in grado di dire il suo nome».
Tra i bimbi feriti gravi c’è una bambina di 11 anni. Si chiama anche lei Maria. Ha un femore spezzato. C’è anche un bambino di soli otto anni. È il più piccolo. È meno grave di Maria, si chiama Jorge ed è ricoverato al Nino Jesus. Lui è stato più fortunato, se l’è cavata con una gamba rotta. Tutti e due sono stati salvati da una soccorritrice.

«Il bambino stava meglio - ha raccontato lei - Si lamentava perché aveva dolori, ma la sua preoccupazione maggiore era quella di trovare la mamma. Continuava a chiamarla. Senza risposta. Anche Maria continuava a gridare Amaya: era il nome della mamma. Poi li ho caricati sull’ambulanza e ho chiuso le porte».

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