nostro inviato a Como
«Macché indagini incomplete, ma quali misteriosi killer ancora da scoprire. La difesa di Olindo e Rosa sta facendo di tutto per farlo sembrare un processo indiziario, mentre di indiziario in questo processo non c'è nulla. Ci sono solo prove. Tante, e di una evidenza macroscopica».
L'avvocato Roberto Tropescovino, legale del giovane tunisino Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, cancella subito ombre e sospetti prima ancora che qualche folle burattinaio possa cominciare ad agitarli ad arte. Processo per la strage di Erba, atto secondo, ovvero seconda udienza di un cammino che potrebbe e dovrebbe portare i coniugi Romano dritti verso l'ergastolo. E che ieri ha preso già il giusto abbrivio con il rinvio a giudizio per omicidio plurimo aggravato e tentata distruzione di cadaveri, deciso dal Gip Anghileri, a carico della coppia che, particolare non trascurabile, aveva già reso piena confessione subito l'arresto.
Concluso il prologo di un dibattimento che, per dirla ancora con le parole dell'avvocato Tropescovino, «si annuncia lungo e duro» ci si rivedrà in Corte d'assise il 29 gennaio. Per cominciare, fotogramma dopo fotogramma, a rivedere alla moviola il film dell'orribile mattanza di quella sera dell'11 dicembre. «Ma da adesso in poi - riparte l'avvocato Tropescovino - bisogna andare avanti senza tentennamenti, perché sull'esito del processo non abbiamo nessun dubbio come non ne avevamo per l'udienza preliminare: Olindo e Rosa saranno condannati. E senza quei benefici di cui avrebbero potuto usufruire con il rito abbreviato».
Parole sante. Ma è strano che anche adesso che la strage di Erba ha finalmente traslocato dalla palazzina di via Diaz al palazzo di giustizia di Como, quest'incubo non abbia ancora terminato di seminare brividi da far accapponare la pelle. Proprio ieri, dai verbali di interrogatorio di Rosa Romano, è emerso un altro particolare inquietante: la sera della strage la donna ebbe la convinzione di aver ucciso anche Azouz Marzouk. «Ne ero davvero convinta, tanto che Olindo mi disse: Ma sei in te, o ti devo dare due sberle? Ne ero davvero convinta». Inquietante come gli sguardi che la vispa e fumina Rosa lanciava a tutta la corte e ai giornalisti durante i giorni dell'assedio mediatico in via Diaz. Lo sguardo da cane bastonato, in quegli stessi giorni, di Olindo Romano. Che adesso però, da quando ha deciso, nell'udienza preliminare, anch'egli di proclamarsi innocente, è cambiato. In peggio.
«Quando ho chiesto che vengano compiuti accertamenti sui beni dei Romano, in vista di un sequestro conservativo e di un risarcimento Olindo mi ha guardato con occhi gelidi», racconta sconcertato un altro avvocato, Manuel Gabrielli. È il legale dell'unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, diventato, dopo giorni e giorni passati in bilico tra la vita e la morte, il testimone-chiave. E poi c'è lo sguardo, carico di rancore e voglia di giustizia con cui Azouz Marzouk aveva accompagnato la sua inammissibile «richiesta di pena di morte per quei due animali» che vorrebbe «guardare dritto negli occhi» e che ieri, già un po' più stemperato dalla piega che hanno preso le cose, ha invece sottolineato parole differenti: «Sono soddisfatto: con il rinvio a giudizio di quei due abbiamo vinto il primo round». E, ancora, lo sguardo mite di Carlo Castagna.
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